Ciambelline al vino
con farina tipo 2
Esistono tanti
tipi di immigrazione, quella delle persone che emigrano per mancanza assoluta
di mezzi di sostentamento, per disperazione, mancanza di libertà e quella costituita
da persone con un livello culturale generalmente medio-alto, buone conoscenze, interessanti
connessioni, i cosiddetti ‘expat’. Degli immigrati ‘di lusso’ che scelgono,
sono ben inseriti nell’ambiente internazionale, e vivono vite ‘parallele’, un
po’ nomadi, apparentemente non radicate in nessun luogo specifico, che si
sentono parte di una ‘grande famiglia’, si riconoscono in un gruppo sociale
trasversale, transnazionale, fondamentalmente apolide. L’ambiente
internazionale è spesso molto più conservatore di quanto si potrebbe supporre
ad un primo sguardo, in perenne equilibrio su una formalità da protocollo e una
anarchia funzionale alla necessità di non fermarsi mai, se non per pochi anni,
in uno stesso luogo, in una stessa nazione e spesso in un medesimo continente. Questa
tribù di impiegati e creativi nomadi, con contratti rinnovati per non più di
due o tre anni, salari generalmente più alti della media nazionale e fondi
pensione agevolati spesso si muovono sulla scia dei colonialisti britannici e
francesi, e infatti le lingue di lavoro sono generalmente inglese e francese,
con club in cui riconoscersi e incontarsi, scuole internazionali, private, con
programmi che esulano dalle direttive nazionali, oppure precettori privati. Luoghi
in cui si impara, innanzitutto, a non radicarsi mai, a mantenere viva la
solitudine gregaria della diplomazia e delle relazioni internazionali, istituzionali
e/o creative. Tra gli expat, poi, vi sono gli insiders e gli outsiders, i quali
sono talvolta parte di circoli molto elitari oppure ritrovano le loro ‘tribù’
in ambienti molto creativi, quali quelli della moda e della musica, dell’arte e
della pubblicità. Gli expat hanno, recentemente, bocciato le città italiane
affermando che vi sono poche possibilità di carriera, lavoro sottopagato e una
pessima qualità della vita. Evidentemente essere un migrante in Italia, almeno
nelle grandi metropoli, è, generalmente parlando, una pessima idea e d’altronde
che nelle grandi città italiane si viva male non è una gran novità, ma allora
perché gli italiani amano tanto l’Italia? Forse perché il BelPaese è una nazione
che va gustata a passo lento, ammirata, assaporata in tutto il suo splendore e
richiede anni e anni, oltre ad un radicamento territoriale che la fa preferire
a qualunque altro Paese per varietà e bellezza.
Questa ricetta è
ispirata al concetto di qualità della vita.
Farina tipo 2,
circa 600 gr oppure ‘quanta ne prende l’impasto’
1 bicchiere da
acqua di vino bianco, circa 150/200 gr
1 bicchiere da
acqua di olio extravergine di oliva, circa 150/200 gr
1 bicchiere da
acqua di zucchero semolato, circa 150/200 gr + lo zucchero per la decorazione
Impastare tutti
gli ingredienti, creare un budellino, fare le ciambelline, passare la parte
superiore nello zucchero, disporre sulla griglia del forno coperta di carta
forno, infornare in forno caldo a circa 170°C per il tempo necessario alla cottura,
circa 20’