sabato 31 dicembre 2016

Brodino vegetale leggero con cavolo riccio

Brodino vegetale leggero con cavolo riccio

L’ultimo dell’anno è un momento di gioiosa condivisione, di bellezza e di rimpianti, si gettano alle fiamme i calendari dell’anno appena trascorso e si appendono quelli dell’anno che sta iniziando un attimo dopo la chiusura di quello che è stato certamente l’annus horribilis della musica internazionale, un bisestile in cui la Terra e la Natura hanno ribadito la loro importanza, la loro assoluta supremazia sull’essere umano con scosse di terremoto che hanno fatto tremare il Centro Italia, con danni immensi al patrimonio immobiliare, artistico, culturale e personale di migliaia e migliaia di persone. Il 2016 è stato anche l’anno dell’assordante silenzio sulla distruzione sistematica di Aleppo e quello in cui forse la popolazione mondiale si è interrogata sulla necessità di una riforma di quelle Nazioni Unite che lì hanno inviato osservatori quando tutto era stato distrutto e non c’era più niente di niente da salvaguardare se non la vita di chi aveva deciso di (r)esistere nella propria città assediata, bombardata, offesa e vilipesa. Un anno bisesto e funesto scelto da Papa Francesco quale Giubileo della Misericordia, quasi avesse intuito la gravità degli avvenimenti che si sarebbero succeduti in sequenza complessa e orribile.
Il 2016 è stato però anche un anno in cui la popolazione italiana ha detto NO con forza ed energia insperate alla distruzione della Costituzione italiana, incompreso, come al solito, il Popolo italiano ha ribadito che esiste, in alcuni rari momenti è Popolo, ed è sovrano. Peccato che tali momenti siano tanto rari. Il potere costituito ha immediatamente soffocato qualunque speranza di risorgimento infliggendo a quel Popolo il governo scellerato di incompetenti, ignavi, mentitori e millantatori, il peggio del peggio che ci fosse sulla piazza politica italiana, eppure gli italiani dovrebbero sapere che in Italia al peggio politichese non c’è mai fine. Il fatto è che, fortunatamente, non ci si abitua mai a certe assurdità. La figura di Sandro Pertini, le sue esortazioni a cacciare il malgoverno con mazze e bastoni, le idee del Risorgimento italiano che ha innalzato barricate e unito l’Italia a dispetto di qualunque pronostico, ecco tutto questo e molto di più ha cominciato a circolare tra la popolazione, segretamente, quasi in un sussurro che ricorda inevitabilmente il confezionamento delle rosse camicie garibaldine durante l’Ottocento.
Speranza popolare e nefandezze governative, così si potrebbe sintetizzare il 2016 italiano, ma forse anche quello internazionale a partire da Aleppo per finire negli USA con elezioni che hanno fatto accapponare la pelle a chiunque sia dotato di un minimo di buonsenso, nonostante gli sforzi del Presidente uscente di salvaguardare la libertà individuale e di pensiero, finanche di ateismo in un Paese in cui il nome di dio è scritto anche sulle banconote.
Anno terribile per musicisti di fama internazionale, visitati con solerzia dalla Signora con la Falce che nel 2016 pare aver preferito le celebrità sonore e canore a qualunque altra arte. E anno terribile per la cultura italiana, ancora una volta derisa e vilipesa da politicanti incapaci, disonesti e in malafede.
Eppure è stato anche l’anno di importanti scoperte scientifiche e tecnologiche, di fondamentale riscoperta dello spazio infinito e infinitesimale.
Insomma un anno complicato e complesso, terribile e meraviglioso, un anno di rinascita e, si spera, un anno che porterà la bellezza di un nuovo Risorgimento italiano, europeo e internazionale.
Questa ricetta, semplice e con ingredienti di stagione è ideale per prepararsi al cenone di San Silvestro. Un brodino leggero per distendere la muscolatura e convincere l’apparato digerente ad una nuova, necessaria abbuffata festiva con le tradizionali lenticchie e le delizie che l’estro individuale sa rielaborare unendo tradizione e innovazione.

Cavolo riccio
Carote
Sedano
Menta secca
Bacche di ginepro
Sale integrale
Timo
Timo citronella
Salvia
Acqua
Fiocchi d’avena
Cannella siciliana in stecche
Curcuma fresca


Far bollire una o due foglie di cavolo riccio lavato e tagliato a listerelle in abbondante acqua con un paio di carote pelate, lavate e tagliate a rondelle, una costa di sedano lavata e tagliata a fettine sottili, una radice di curcuma sbucciata, lavata e lasciata intera, le erbette aromatiche. Quando il brodo vegetale sarà pronto, versarvi a pioggia i fiocchi d’avena e far cuocere fino a cottura. 

venerdì 30 dicembre 2016

Crocchette di spinaci

Crocchette di spinaci

Alcuni cibi ci ricordano luoghi o sensazioni, momenti, attimi che sembrano impressi nella memoria in modo indelebile. La libertà, nella sua attuazione pratica e nella sua ideazione, nelle molteplici forme ideali che ha e crea, è uno di quei sentimenti inconfondibili che si ricordano senza alcuna difficoltà. Ogni qual volta si sente anche in lontananza il sentore della libertà gli occhi si illuminano della luce più vivace, i nervi tendono i muscoli e un fortissimo brivido di piacere puro si intrufola sotto la pelle. Talvolta questo sentore è appunto collegato anche ad alcuni cibi quali le crocchette di spinaci, cui è ispirata questa ricetta.

Spinaci
Sale rosa dell’Himalaya
Burro della Latteria Sociale di Beduzzo Inferiore
Parmigiano Reggiano della Latteria Sociale di Beduzzo Inferiore
Olio extravergine di oliva
Pangrattato fatto in casa finissimo
Uova


Lavare accuratamente gli spinaci, cuocerli in padella senza scolarli troppo con un pizzico di sale e coperti, farli freddare, eventualmente anche in frigo. Tritarli con il robot da cucina o il minipimer, condirli con burro leggermente sciolto, parmigiano grattugiato, uova considerando circa un uovo medio ogni 18 crocchette o più, un po’ di pangrattato. Appallottolarle e schiacciarle a forma di dischetto, passarle nel pangrattato, quindi friggerle in padella con olio d’oliva a coprire non troppo abbondantemente il fondo, come per le cotolette girarle una o due volte, servire ben calde. Quando sono cotte a puntino il colore è piuttosto scuro. 

giovedì 29 dicembre 2016

Risotto con porcini secchi, Chianti e salsa tartufata

Risotto con porcini secchi, Chianti e salsa tartufata

Tutte le volte che c’è qualche problema di ordine sociale, o collegato ad una crisi economica o più frequentemente negli ultimi anni ad un livello di corruzione insostenibile, spunta fuori il complotto giudaico-massonico.
Una teoria affascinante soprattutto per le basi che fanno dubitare seriamente delle capacità di comprensione del reale di chi la espone.
Il complotto giudaico-massonico si basa quasi sempre su alcuni punti che vedono ebrei, spesso banchieri e ricchissimi, che sono abituati alla clandestinità dall’oppressione cattolica e dunque ‘si aiutano sempre tra loro’ e massoni, che spesso sono cattolici e cristiani ma comunque dediti ad attività cospirative in quanto parte di una società fondamentalmente segreta, unire le forze per scardinare l’ordine mondiale a discapito del popolo.
Nella teoria non vengono mai menzionati i veri cosiddetti ‘poteri forti’ ovverosia il mondo della finanza globale, che tipicamente non è particolarmente interessata a questioni religiose se non nel momento in cui può utilizzare le strutture religiose per il proprio tornaconto, e il potere ecclesiastico. Il clero e la chiesa, cattolica, anglicana, protestante, cristiana in genere, o musulmana nei Paesi arabi e in altri Paesi, non vengono mai menzionati in questo complotto se non come un ingenuo meccanismo attaccato dai perfidi ebrei col nasone e dai cospiratori massoni.
Ora, a prescindere dalla simpatia o personale antipatia per l’ebraismo e la massoneria, è più che evidente che la teoria del complotto giudaico-massonico dovrebbe far scoppiare in una sonora risata chiunque. Sfortunatamente non soltanto non è così ma periodicamente tale teoria ‘riciccia’ quale spiegazione inconfutabile di qualche difficoltà sociale, andando ovviamente a gettare coltri di fumo e insabbiamenti negli occhi di chi dovrebbe accorgersi che la propria libertà non può essere difesa da chi esprime tali teorie che escludono qualsivoglia responsabilità dalle strutture che effettivamente hanno una notevole influenza sulle società stesse.
Questa ricetta è ispirata alla facilità con cui si preferisce uno spauracchio alla risoluzione concreta di problemi, che implicherebbe assumersi delle responsabilità individuali nella creazione della libertà collettiva e individuale.

Riso
Chianti
Salsa tartufata
Porcini secchi
Sale integrale
Acqua
Parmigiano reggiano della Latteria Sociale di Beduzzo inferiore
Olio extravergine di oliva


Far scaldare l’olio, quindi versare il riso nella pentola, salarlo e farlo diventare traslucido, aggiungere dunque il vino, girare, quando si asciuga aggiungere acqua. Nel frattempo mettere in acqua i funghi. Quasi a fine cottura, aggiungere i funghi porcini strizzati, quindi l’acqua di ammollo filtrata fare ‘tirare’ e in ultimo aggiungere un po’ di salsa tartufata, abbastanza per dar sapore ma non troppa da coprire quello del risotto. Spolverare con parmigiano grattugiato. 

mercoledì 28 dicembre 2016

Mezze maniche rigate con radicchio e salsiccetta secca

Mezze maniche rigate con radicchio e salsiccetta secca

L’egoismo, diceva Mazzini, è uno tra i pericoli maggiori delle società liberali, mentre il totalitarismo è il peggior pericolo per quelle socialiste o comuniste. La storia a volte ci fornisce alcuni fari per interpretare la realtà ma non sempre siamo in grado di scremare tutti gli orpelli che nascondono le grandi verità illuminate da tali personaggi. Ovviamente Mazzini è uno tra questi, un pensatore di straordinaria capacità, un ideologo, si sarebbe detto ma a ben guardare egli era un pericoloso insurrezionalista, un pensatore esplosivo per il tempo in cui ha vissuto. In parole contorte e spinose ha spiegato quello che sarebbe accaduto di lì a relativamente pochi anni, ha immaginato, capito, compreso e ha inserito tutto il suo pensiero sotto un misticismo intriso di un Dio, che egli invoca in continuazione, che niente ha a che vedere con le religioni e tanto meno con Roma. Era un sovversivo, uno che minava con le parole lo status quo, tutto il pensiero e l’agire e i poteri a lui contemporanei. Un visionario le cui parole arrivavano clandestinamente nel suo Paese con la forza di una rivoluzione, e un suono più assordante di quello di cannoni e armi da fuoco.
Don Gallo affermò che i cristiani democratici erano un ossimoro “non mi risulta che Gesù Cristo sia morto di polmonite” affermava combattivo. Per Mazzini vale lo stesso discorso, non era Garibaldi, non aveva la sua comprensione istintiva, pratica, pragmatica della gente, dell’oppressione, della libertà ma aveva capito il suo tempo, il presente e il futuro e, come l’Eroe dei Due Mondi era capace di annusare l’aria e capire i pericoli, egli era stato capace di leggere tra le parole e comprendere i punti che non potevano che essere deleteri per le società moderne.
L’egoismo, inteso come incapacità di comprendere che la libertà non è il semplice conseguimento del benessere personale, anche se certo ne è una parte, l’incapacità di comprendere che tutta l’Umanità è collegata, che è necessario lottare per far sì che le società non siano create sulle diseguaglianze bensì sul rispetto e sulla libertà, è da Mazzini individuato come il tarlo delle società liberali, o meglio liberiste perché ove c’è libertà dell’Umanità intera c’è la vera società liberale altrimenti vi è soltanto una società liberista, in cui il denaro è e rimane un mezzo di sfruttamento e oppressione e non un mezzo per raggiungere il Progresso dell’Umanità intera.
Un genio. Un genio che scriveva in modo tanto contorto da far pensare ad un rovo di spine in cui, a guardar bene, si trovano ghiottissime e succulente more, colme di semi di libertà e di libero pensiero.
Questa ricetta è ispirata alla bellezza del pensiero mazziniano, semplice nell’essenza ma irto di complicate evoluzioni all’apparenza.

Salsiccetta secca buona
Radicchio
Olio extravergine di oliva
Chianti rosso con un goccio di vinsanto oppure Amarone della Valpolicella
Sale integrale
Salvia
Acqua
Mezze maniche rigate De Cecco
Parmigiano reggiano Latteria Sociale Beduzzo Inferiore


Lavare le foglie di radicchio e tagliarle a listerelle, far scaldare leggermente l’olio, versare il radicchio, farlo ammorbidire, quindi spellare e tagliare a dadini la salsiccetta, farla saltare in padella per qualche minuto quindi aggiungere il vino, far sfumare, abbassare la fiamma. Nel frattempo far bollire l’acqua, salarla e cuocere la pasta, scolarla senza buttare l’acqua di cottura, ripassarla in padella, spolverare a piacere con parmigiano. 

martedì 27 dicembre 2016

Tortelli con brasato e tartufo ispirati a Verona

Tortelli con brasato e tartufo ispirati a Verona

Questa ricetta è ispirata ad una ricetta assaggiata in una bottega a Verona, un luogo di perdizione e ristoro per chiunque abbia voglia di assaggiare tortelli che molto probabilmente debbono essere annoverati tra i più buoni mai messi in vendita, adatto anche per far cambiare idea a chi pensa che tortelli e tortellini non siano nelle proprie corde del gusto. Premesso che i tortelli di tale bottega sono non soltanto inimitabili ma talmente buoni che vale la pena fare una bella gita a Verona, che di per sé è già talmente bella da meritare certamente almeno una settimana nella vita di una persona, anche soltanto per assaggiarli, questa ricetta è effettivamente molto gustosa e piuttosto laboriosa. La prima cosa che ovviamente manca è l’Amarone della Valpolicella, sostituito da un Chianti rosso arricchito con Vinsanto per ricreare in pentola quella armonia di uva passita e corposità dell’Amarone che il Chianti, per sua modalità di produzione, ovviamente non può avere. L’Amarone è infatti il risultato di un lungo e laborioso procedimento di vinificazione in cui si unisce la tradizione del passito a quella del rosso con un passaggio ulteriore che lo rende unico, un procedimento che racchiude in sé tutta la complessità della sua terra d’origine, una valle protetta dalle Alpi e che guarda, di lontano, alla Laguna. Il Chianti è più schietto, più diretto, porta con sé il sole e la semplice bellezza della Toscana che lo rende uno tra i vini più rinomati e più apprezzati. Impossibile tra i due stilare una classifica, sono due vini squisiti con caratteristiche molto differenti. La loro diversità nella cottura della carne evidentemente ha un suo peso specifico che, al contrario di quanto accade nel calice, può, in cottura, essere in qualche modo compensata dalla presenza del Vinsanto.

Per la pasta
Farina
Uova

Per il ripieno:
Parmigiano reggiano della Latteria Sociale di Beduzzo Inferiore
Ricotta fresca, meglio se di pecora ma anche di mucca va bene
Salsa tartufata
Brasato di manzo, 2 parti
Vitella, 1 parte
Cipolle
Carote
Sedano
Amarone della Valpolicella oppure 5 parti di Chianti e 1 parte di Vinsanto
Salvia fresca
Timo fresco
Sale integrale



Lasciare in ammollo nel vino il brasato di manzo per una notte, eventualmente con gli odori, la mattina aggiungere la vitella e girare la carne, farla stare nel vino per qualche altra ora ricordandosi di girare la vitella. Mettere la carne senza il vino in pentola di pietra ollare o di coccio e far cuocere a fuoco bassissimo, se possibile su fuoco di legna altrimenti in forno o sul fornello basso, far sigillare la carne, farla cuocere e quindi, quando ha finito il suo liquido naturale, aggiungere il vino di ammollo con tutti gli odori e salare, quando il vino si è asciugato, aggiungere acqua e continuare a far cuocere per ore, lentissimamente. Far freddare la carne, togliere tutti i nervi, il grasso che fosse rimasto e frullare nel mixer aggiungendo ricotta, parmigiano e salsa tartufata fino ad ottenere un sapore deciso e delicato al contempo. Riempire la sfoglia sottile e creare tortelli non piccoli. Lessarli e gustarli con burro e parmigiano, olio e parmigiano o simili salse delicatissime. 

lunedì 26 dicembre 2016

Minestrone leggero semplice

Minestrone leggero semplice

Dopo le grandi abbuffate non c’è niente di meglio di un bel minestrone, semplice e leggero per cercare di digerire cenone da vigilia e pranzo natalizio, generalmente a base di carne e di gustose pietanze ricche di alimenti difficili da far passare senza controindicazioni attraverso l’apparato digerente, sperando che funzioni con l’imperturbabilità di uno schiacciasassi. Condimenti, numero di piatti e tipologie di pietanze sono certamente una sfida molto difficile per lo stomaco di qualunque persona normale e dunque il giorno dopo un brodino caldo di verdure, insieme agli avanzi del giorno precedente, è quello che ci vuole per cercare di dormire senza troppi rimpianti e cominciare la corsa contro il tempo per infilare il vestito giusto per la successiva abbuffata, quella del cenone di Capodanno, a soli cinque giorni di distanza dal pranzo di Natale.

Insalata Witlof Indivia Belga
Carote
Patate
Salvia
Funghi
Acqua
Semi di finocchietto selvatico dai Monti Iblei
Sale iodato
A piacere pasta cannolicchi o ditali rigati, Olio extravergine di oliva e Parmigiano Reggiano


Pelare carote e patate, pulire i funghi, lavare gli ortaggi, tagliarli, metterli in pentola, aggiungere acqua a sufficienza, salvia lavata, semi di finocchietto selvatico, salare, far bollire il giusto, a piacere aggiungere cannolicchi o ditali rigati, condire con un filo d’olio e parmigiano. 

domenica 25 dicembre 2016

Zuppa veloce con rape rosse fresche, patate, rosmarino, salvia e timo

Zuppa veloce con rape rosse fresche, patate, rosmarino, salvia e timo

Immaginare politici onesti intellettualmente e praticamente non è poi così complicato. Esistono, sono sempre esistiti, anche in Italia. Impossibile è pensare che non debbano accettare taluni compromessi, agire in quella zona grigia in cui il lecito e l’illecito si incontrano con buona pace del senso civico. Da qualche anno, quasi una ventina, la zona grigia ha virato al nero bituminoso e qualcosa bisogna fare. Immaginare uno stato criminale è possibile, più che ipotizzarlo ne chiariscono i confini i tribunali internazionali, quelli che intervengono quando uno Stato non può o non vuole agire contro il sovvertimento dello Stato di diritto. Gli italiani, il popolo sovrano, non vuole andare verso quella direzione, non ama il nero bituminoso e non ama il catrame che si appiccica sui costumi nelle meravigliose coste mediterranee. La mancanza di democrazia, la tendenza verso quel catrame, si sta diffondendo verso Paesi tradizionalmente considerati altamente democratici. Si incolpa la crisi economica, che di fatto non c’è in Europa e marginalmente c’è in America del Nord, ci sono difficoltà, c’è una non equa, non giusta distribuzione della ricchezza e dei mezzi per produrla ma da molti anni in Italia non si soffre più quella fame di cui hanno avuto esperienza le generazioni precedenti, quelle che hanno vissuto la guerra, il primo dopoguerra, i primi anni del Novecento o durante il glorioso Risorgimento. Dopo il boom economico degli anni ’60 del Novecento la fame vera, quella per cui i piatti risuonano di un vuoto assordante anche per giorni interi, non c’è più stata. Né in Italia, né in Europa, se non in casi veramente limite. Quindi la crisi economica non è quella del ’29, non è quella per cui non c’è di che sfamarsi, la crisi vera dell’Europa e del cosiddetto Occidente è una crisi di democrazia, di libertà.
Dopo la contrapposizione in due blocchi, sovietico e atlantico, del Pianeta s’è ripresa la vecchia ma sempre funzionante dicotomia tra i Mori e i Crociati, va avanti dal Medioevo e il meccanismo di contrapposizione ha sempre funzionato relativamente bene, senza incepparsi troppo, nel corso dei secoli.
La crisi economica sarebbe dunque una crisi culturale, di impossibilità di integrazione, tra l’altro aggravata dalle minacce che arrivano dalla sponda Sud e Sud-Est del Mediterraneo.
Non è così, o almeno lo soltanto in parte.
La vera crisi è una crisi di democrazia che niente o pochissimo ha a che vedere con la cosiddetta integrazione.
Un problema vero dell’Italia è che la zona grigia ha virato verso il bituminoso e che la medesima tendenza sta prendendo piede in altri Paesi. I diritti civili e sociali sono stati dati per acquisiti e dunque per scontati, la democrazia è stata data per ovvia e dunque si è indebolita, la libertà è stata camuffata da liberismo e da quell’egoismo che Mazzini aveva compreso essere il grande nemico delle società libere.
Dopo il crollo del Muro di Berlino, parlare di Stato sociale sembrava una bestemmia, ovviamente non soltanto non lo era ma era esattamente quello che bisognava far comprendere all’Occidente. Quello che ha vinto tra Comunismo e Capitalismo non è stato il secondo, bensì la terza opzione, quella praticata in Canada e in molti Paesi europei, la democrazia libertaria e liberale, lo Stato di diritto e lo Stato sociale.
Quello che ha creato le condizioni al libero e pieno sviluppo delle società non è stata l’abolizione di dazi e gabelle, c’era anche nell’impero sovietico, bensì la libertà di sentirsi partecipi dello Stato, la libertà di pensare lo Stato quale strumento per meglio organizzare le esigenze collettive di libertà e di benessere collettivo.
Poter uscire di casa senza inciampare in un marciapiede inesistente e con una bella buca sull’asfalto per prendere un autobus che arriva in orario su cui è seduto un bigliettaio e la cui frequenza di passaggio è commisurata alle reali esigenze della popolazione per recarsi a lavoro o a fare la spesa o al parco per giocare o in una biblioteca pubblica per studiare o in una scuola pubblica e ben funzionante per imparare o in un ospedale perfettamente funzionante per fare i controlli di routine e poi rientrare in una casa e vedere che il proprio salario basta a vivere dignitosamente, a pensare al futuro e al presente, a godere la propria vita insieme agli altri, magari andando in un caffè e poi a teatro, ad ascoltare un concerto o al cinema, come accade in terra di Francia, ecco questo è quello che ha vinto, mentre il Capitalismo e il Comunismo hanno perso entrambe mostrando la loro inefficacia. Gli Stati Uniti sono stati colpiti da una gravissima crisi che ha mostrato un Paese lacerato da divisioni interne, i ricchi da una parte e tutti gli altri dall’altra. L’Europa no, il Canada no. E sistematicamente hanno fatto capoccella i peggiori istinti repressi di chi non ama la libertà e lo stare insieme pacificamente, istinti che sono stati subito ingigantiti, sbattuti sui giornali e nei telegiornali, che non parlano mai di ciò che funziona davvero, se non molto raramente. Invece di puntare i riflettori, di far vedere tutto ciò che c’è di bello nelle società occidentali, cosiddette, si è messo in scena il teatro dell’orrore con una platea vuota, intenta a vivere e creare bellezza, libertà, altrove. In quell’altrove in cui la zona grigia è tale e le persone sanno benissimo come barcamenarsi per tenere il timone senza scuffiare, senza andare alla deriva verso il catrame bituminoso ma tendono, invece, a navigare verso acque pulite, cristalline in cui sia piacevole immergersi.
Questa ricetta, semplice e veloce, quasi ovvia, è ispirata alla semplicità della libertà.


Rape rosse fresche
Patate
Salvia
Timo
Rosmarino
Spaghetti spezzati
Acqua
Patate
Parmigiano Latteria Sociale Beduzzo Inferiore

Sale integrale siciliano

sabato 24 dicembre 2016

Pizzicotti limonelli

Pizzicotti limonelli

La Vigilia di Natale, per chi lo festeggia, è un momento un po’ particolare. La corsa frenetica per le festività è arrivata al momento cruciale e nelle cucine pentole e pignatte sbuffano a pieno regime. In molte regioni italiane il cenone della Vigilia è rigorosamente a base di pesce e più o meno dappertutto non è Vigilia se non c’è questo o quell’alimento che a volte è tradizione locale, altre familiare. I cattolici praticanti finita la cena si recano in chiesa per la Messa. Da qualche anno a questa parte pare che dai comignoli attraverso cui passava la Befana il 6 gennaio anche Babbo Natale abbia cominciato ad intrufolarsi nottetempo e a lasciare, intorno alla mezzanotte tra il 24 e 25, doni per grandi e piccini sotto alberi decorati per le festività o accanto al presepe. Una usanza relativamente recente in Italia, dove i regali erano tradizione del due novembre o della Befana, non del Natale, festività resa magica dalle luculliane e proverbiali prelibatezze culinarie. Questa ricetta, semplice e veloce, è adatta ad accompagnare, nel cestino del pane, il cenone della Vigilia a base di pesce.

Acqua
Farina sabina
Lievito di birra, se secco anche un cucchiaino di zucchero
Limone


Impastare acqua, farina, lievito, la scorza di limone non trattato e il succo del medesimo limone. Porre in un recipiente, coprirlo e far lievitare a lungo. Quindi creare palline di circa due centimetri di diametro, mettere nella carta forno e dunque nella teglia per plum cake. Infornare in forno già caldo a 200°C o 220°C per il tempo di cottura, un quarto d’ora o poco più o poco meno. 

venerdì 23 dicembre 2016

Pizzicotti limonelli con Parmigiano Reggiano

Pizzicotti limonelli con Parmigiano Reggiano

L’antivigilia di Natale, per chi lo festeggia, è una delle giornate più frenetiche e caotiche di tali festività ed è spesso la giornata in cui litigi furibondi divampano come fuochi di paglia in una radura di stoppie. Seppure per i credenti sarebbe opportuno meditare e purificarsi mediante la meditazione e la preghiera in attesa della celebrazione della divina natività, è molto più frequente imbattersi in estenuanti file di traffico con un uniforme concerto di clacson e imprecazioni poco consone alla sacralità del momento, a svuotamenti degli scaffali di negozi, pasticcerie e supermercati con colorite espressioni di vitalità locale nonché a liti furibonde. C’è poi chi parte proprio l’antivigilia affrontando orde di turisti, autostrade e caselli straripanti, treni in perenne ritardo e aeroporti che farebbero saltare i nervi anche alla persona più calma e placida sulla faccia del Pianeta. Spesso, berciando e strillando sulla assoluta necessità di portare proprio quella maglietta che regolarmente fa scattare le molle di resistentissime valigie o evita la chiusura a pressione di bagagliai stracolmi. Mangiare è l’ultimo tra i problemi e portare con sé un piccolo spuntino casareccio potrebbe essere una soluzione anche ai malumori prefestivi.

Parmigiano Reggiano
Acqua
Farina sabina
Lievito di birra, se secco anche un cucchiaino di zucchero
Limone


Impastare acqua, farina, lievito, la scorza di limone non trattato e il succo del medesimo limone. Porre in un recipiente, coprirlo e far lievitare a lungo. Quindi creare dischetti di circa un centimetro di spessore, inserire un cubetto di Parmigiano Reggiano, richiudere, mettere nella carta forno e dunque nella teglia per plum cake. Infornare in forno già caldo a 200°C o 220°C per il tempo di cottura, un quarto d’ora o poco più o poco meno. 

giovedì 22 dicembre 2016

Pizzicotti limonelli con dulce de leche

Pizzicotti limonelli con dulce de leche

La lentezza nella preparazione di alcuni cibi è spesso anche una forma di meditazione ed è considerata tale in molte pratiche religiose. Il cuoco zen è colui che conta i chicchi di riso per ciascun ospite, cosa che probabilmente mai farà o mai ha fatto ma che rende bene l’idea dell’attenzione a qualunque dettaglio, alla necessità di essere concentrati senza pensieri ma nella piena consapevolezza del tempo presente, e del futuro si potrebbe obiettare visto che i chicchi serviranno per un pasto che si svolgerà dopo la preparazione, e soprattutto delle azioni che si compiono nel momento in cui si compiono. Lo stesso principio di presenza felina, quella per cui i gatti riescono a rilassarsi completamente e in un baleno a scattare nel pieno delle forze, è alla base delle arti marziali. Pensare che la meditazione e l’idea della consapevolezza di sé nel momento presente, nell’hic et nunc, sia un’abitudine orientale è però poco corretto. Un orientale che vedesse per la prima volta snocciolare un rosario o per un caso fortuito avesse accesso ad un monastero cistercense rimarrebbe impressionato dalla capacità meditativa anche nella preparazione quotidiana del cibo, per non parlare di ciò che sarà conservato. Senza aver bisogno di entrare negli edifici religiosi, avrebbe poi di che stupirsi dalla grandissima attenzione che gli occidentali, e soprattutto i mediterranei ed in particolare gli italiani, dedicano ad alcune pietanze o bevande. Preparare un panettone, un pandoro, una colomba non è cosa semplice e comincia ben prima di iniziare ad impastare, quando si scelgono gli ingredienti e si decide che l’umidità dell’aria è quella giusta per far lievitare farine e uova. La capacità meditativa in cucina si può trovare anche nelle laiche cerimonie per la conserva di pomodori e ortaggi, di olio e vino, in cui gesti antichi si uniscono a moderne semplicità con ritmi in piena armonia con quelli naturali.
Questa ricetta, con lievitazione lenta, ha alla base il dulce de leche preparato da cistercensi, nel silenzio e nella meditazione contemplativa ed è ispirato alla lentezza.

Dulce de leche dai Monaci Cistercensi del Monasterio de Santa Maria de Sobrado
Acqua
Farina sabina
Lievito di birra, se secco anche un cucchiaino di zucchero
Limone


Impastare acqua, farina, lievito, la scorza di limone non trattato e il succo del medesimo limone. Porre in un recipiente, coprirlo e far lievitare a lungo. Quindi creare dischetti di circa un centimetro di spessore, inserire un cucchiaino di dulce de leche, richiudere, mettere nella carta forno e dunque nella teglia per plum cake. Infornare in forno già caldo a 200°C o 220°C per il tempo di cottura, un quarto d’ora o poco più o poco meno. 

mercoledì 21 dicembre 2016

Polpettone di arista in crosta di pasta fyllo

Polpettone di arista in crosta di pasta fyllo

Mangiare bene per stare in forma ed essere felici è sicuramente una buona pratica. C’è chi preferisce andare in palestra, chi fare attività all’aperto, chi predilige una scelta vegana o vegetariana e chi ama le tradizioni culinarie mediterranee. Certamente fare attenzione all’alimentazione, cercare il più possibile di scegliere alimenti locali, carne, se la si mangia, da allevamenti non intensivi, verdure da coltivazioni rispettose dell’ambiente e frutta non trattata è auspicabile ed è ottimo per la salute alimentare e naturale. Spesso si tende infatti a dimenticare che gli esseri umani vivono in un Pianeta che è, di fatto, un luogo meraviglioso, a volte terribile ma più spesso bellissimo. In questo ambiente respiriamo, ci nutriamo di acqua e cibo, viviamo. Inquinare il Pianeta è un po’ come acquistare una casa bellissima, in un luogo esclusivo, con piscine, idromassaggi, finiture di gran lusso, dunque prendere un piccone e cominciare a distruggerla pezzo per pezzo. Insensato, a dir poco. Quello che si può fare individualmente è cercare il più possibile di ridurre le pratiche inquinanti e di consumare in modo consapevole, di agire sapendo di essere all’interno di un meraviglioso, fortissimo e delicato ecosistema che va rispettato, se non si vuole, tra l’altro essere schiacciati dalla furia distruttrice della Natura, a cui basta far sputacchiare un vulcano, far starnutire un fiume, una diga, un lago o un mare, scrollare le montagnose spalle per ridurre l’intera popolazione mondiale in un mucchietto di niente.
Questa ricetta è ispirata al Mediterraneo, meraviglioso e terribile Mare Nostrum.

Polpettone di arista con la ricetta segreta di Mamma Lucilla
Pasta fyllo
Olio extravergine di oliva
Sesamo


Porre l’impasto del polpettone di arista con la ricetta segreta di Mamma Lucilla nella carta forno, arrotolarla, mettere in teglia e quindi in forno a 200°C o 220°C per un quarto d’ora circa. Togliere dal forno. Stendere in una teglia oliata tre fogli uniti di pasta fyllo, versare al centro il polpettone quasi cotto, chiudere lasciando qualche sbruffetto che risulterà particolarmente croccante una volta cotto. Spennellare con il pennello I Genietti spolverare con sesamo e mettere in forno prima a 180°C o 200°C, quando si brusca non troppo la parte superiore, aprire il forno e far scendere la temperatura a 150°C o 170°C, continuare a cuocere a temperatura mediamente bassa per una mezzora circa. 

martedì 20 dicembre 2016

Fiorellini di pasta fyllo con indivia belga witlof e Parmigiano Reggiano

Fiorellini di pasta fyllo con indivia belga witlof e Parmigiano Reggiano

Le piante amano la musica, questo sembra essere stato ormai ampiamente dimostrato da un gran numero di studi scientifici eppure sembrerebbe che non dispongano di un apparato uditivo. Cosa ‘sentono’ le piante quando si propaga nell’aria un certo tipo di musica piuttosto che un altro e perché se si parla loro in modo gentile, e questo può averlo sperimentato chiunque abbia in casa, in giardino o in terrazzo degli amici del regno vegetale, crescono, generalmente parlando, meglio, più rigogliose, più sane e forti? È un bel mistero cui la scienza ha provato a dare risposte senza di fatto riuscire a giungere a nulla che sia davvero comprensibile. C’è chi parla di onde sonore, chi di vibrazioni del suono ma chiunque abbia un giardino o un balcone rigoglioso sa che il segreto è nell’amore che si dedica alla coltivazione delle stesse, nella forza che si esprime occupandosi in modo concreto e gentile di un altro essere vivente. Un po’ come per le persone o per gli animali. Un po’ come dovrebbe forse essere per il pianeta. La musica però ha soltanto marginalmente a che fare con le cure amorevoli, è qualcosa che le piante amano o odiano, come gli esseri umani, i quali sono però dotati di orecchie e apparato uditivo. La scienza può spiegare molte cose ed è utile per il progresso dell’umanità eppure ci sono moltissime spiegazioni che le sono precluse in quanto disciplina che pretende di essere esatta e che dunque applica rigidissimi filtri e modelli teorici per l’osservazione del reale di cui la Natura, nella sua meravigliosa perfezione, si infischia bellamente. Qualunque potatore esperto e abile alla domanda: ‘una volta studiate tutte le caratteristiche botaniche, come si scelgono, quando si è sull’albero, i rami da potare?’ risponderà ‘è la pianta a dirlo’. Le piante non hanno un apparato fonatorio, come fa dunque la pianta a ‘dire’ al potatore quale ramo le crea più disturbo che beneficio? Impossibile secondo la scienza, talmente ovvio da non aver bisogno di parole per la millenaria esperienza distillata nei semplici gesti del potatore esperto. È evidente che nel gesto del potatore c’è un’attenzione, un amore, una conoscenza, una sapienza e una gentilezza che la pianta ‘sente’, così come ‘sente’ la musica, e, a suo modo, si fa capire da chi vuol comprendere.
Questa ricetta è ispirata alla gentilezza necessaria nella coltivazione di piante, politiche e rapporti interpersonali.

Pasta Fyllo
Indivia belga witlof
Parmigiano Reggiano della Latteria Sociale di Beduzzo Inferiore
Sale rosa dell’Himalaya
Olio extravergine di oliva
Sesamo


Lavare e affettare l’indivia belga, salarla, tagliare dal foglio di pasta fyllo rettangoli di circa 20cmx10cm, porli nel palmo della mano e riempire il centro con la witlof e un tocchetto di Parmigiano, chiudere leggermente la parte centrare e lasciare i lembi del foglio aperti a creare un fiore. Porre i fiorellini in una teglia oliata, spennellare di olio con il pennellino i Genietti, spolverare di sesamo e mettere in forno a 150°C o 170°C per una decina di minuti o un quarto d’ora circa. 

lunedì 19 dicembre 2016

Pizzicotti con limone, noci e melanzane

Pizzicotti con limone, noci e melanzane

Fino all’era contemporanea le tecnologie hanno considerato l’essere umano quale essere perfetto da cui prendere spunto per l’elaborazione di nuove tecniche, dalla scrittura alla prospettiva, dalla stampa al telegrafo, dalla ‘pelle elettronica’ alla architettura connettiva. Per un verso o per l’altro pressoché tutte le tecnologie cognitive, meccaniche, elettriche sono state, che ha intelligentemente teorizzato Marshall McLuhan, un’estensione di sensi, arti e corpi. Umani, ossia riferiti all’essere umano. Lasciando da parte volutamente le ispirazioni divine di tali estensioni, delle tecnologie che hanno portato ai risultati di assoluta perfezione raggiunti da Giotto, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Leonardo, si può notare che tutto ciò che è tecnologia, compresa l’invenzione dell’aereoplano e del sommergibile ovviamente, è ispirata all’essere umano. L’ultima trovata è quella del cervello e della pelle, del sistema elettrico di trasmissione delle informazioni e di elaborazione delle stesse eppure c’è da sperare che la prossima rivoluzione industriale e tecnologica sarà una rivoluzione ambientalista, non soltanto e sarebbe auspicabile, nel senso di una rivoluzione che tenderà alla creazione di un ambiente più sano e salubre, più rispettoso di equilibri ed ecosistemi, bensì ispirato alla Natura nel suo complesso e nella sua complessità. Ci vorrà probabilmente molto tempo prima che l’essere umano si renderà conto di essere in quanto parte integrante della Natura e, sebbene molte persone abbiano sviluppato tale consapevolezza a livello intellettuale, cognitivo, sensoriale, ideale, una vera e propria tecnologia ambientale non è mai stata sviluppata ad oggi. Per tecnologia ambiente di tutta evidenza non si intende una tecnologia che prenda in considerazione o che agisca in un ambiente dato, bensì l’estensione tecnologica dell’ambiente stesso. Questa sarà probabilmente la nuova frontiera della conoscenza e per comprenderne i principi sarà necessario comprendere ciò che è stato tralasciato o considerato poco rilevante ai fini dello sviluppo tecnologico, l’ambiente e la Natura. Si può forse partire dall’atavica relazione mistico-magica degli esseri umani non troppo condizionati da religioni monoteiste con la Natura o dalle più innovative ipotesi scientifiche dell’astronomia, della fisica, della matematica ma l’essere umano è destinato in un modo o nell’altro a non essere più l’unico assoluto modello di conoscenza del reale e di estensione di tali potenzialità cognitive verso la creazione di tecnologie connettive.
Potrebbe essere immaginabile la trasformazione delle tecnologie soltanto immaginando, conoscendo, rispettando e collegandosi con la Natura, non soltanto per un’auspicabile comprensione dell’importanza della Natura e dell’ambiente per la vita stessa di esseri umani e tecnologie, bensì per la realizzazione di innovazione tecnologica e della futura rivoluzione tecnico-industriale.
Questa ricetta, in cui si mescolano i sapori estivo delle ultime melanzane dell’orticello ed invernale delle noci locali, è ispirato alla meravigliosa bellezza della Natura.

Acqua
Farina sabina
Lievito di birra
Lievito madre
Melanzane
Noci locali
Limone non trattato


Lavare e affettare le melanzane, grigliarle, tagliuzzarle con le forbici. Sgusciare le noci e spezzettarle, lavare il limone e grattugiarne la buccia. Impastare la farina con acqua in cui è stato sciolto il lievito, lievito madre, le melanzane, le noci e il limone grattugiato, far lievitare per almeno una notte. Creare pallettine con le mani di circa due centimetri di diametro e mettere nella carta forno nella teglia per i plum cake piccoli. Infornare in forno ben caldo a 200°C o 220°C per il tempo di cottura 

domenica 18 dicembre 2016

Pizzoccheri valtellinesi

Pizzoccheri valtellinesi

Esprimere un pensiero che non sia intriso di satolla ghiottoneria quando si parla di pizzoccheri valtellinesi è complicato. Il piatto tradizionale della Valtellina è oggettivamente una bomba ipercalorica che però, come spesso accade con la cucina del Nord Italia, è all’apparenza molto delicato. Il gusto risulta gradevole e leggero, con una importante seppur mai fastidiosa presenza di formaggi. Si potrebbe definire un piatto elegante, all’apparenza casuale e semplice, in realtà elaboratissimo e ricco di ingredienti di qualità eccellente, peraltro legati in modo esplicito al territorio di cui sono espressione. Preparare in pizzoccheri con formaggi che non provengano dalle latterie sociali della Valtellina equivale a mangiare un altro piatto, non avrà lo stesso sapore, né la stessa apparente leggerezza che, a dispetto della quantità di formaggi e burro, è ancor più palese quando la pietanza è fredda. Il segreto potrebbe essere nel non svelare la ricetta ad un primo assaggio anche perché difficilmente si crederà alle proprie orecchie una volta assaggiati e risulterà quasi impossibile che sia stato fatto un soffritto con un numero cospicuo di spicchi d’aglio nel burro dopo averli assaporati. Certo, alzarsi da tavola non sarà poi così semplice e scontato in quanto i pizzoccheri sono sì all’apparenza leggeri ma di fatto sono pesantissimi, seppur, nonostante la presenza anche della verza, sorprendentemente non di difficile digestione. Insomma, un piatto adatto ad una bella giornata fredda, magari con un camino acceso e la previsione di una lunga passeggiata in montagna nelle giornate successive al pasto.

500 gr di pizzoccheri valtellinesi Latteria Sociale Cooperativa di Chiuro
500 gr di formaggio Casera o similare con stagionatura media, non dev’essere troppo forte Latteria Sociale Cooperativa di Chiuro
500 gr di formaggio latteria poco stagionato Latteria Sociale Cooperativa di Chiuro
500 gr o poco meno di Parmigiano Reggiano della Latteria Sociale di Beduzzo inferiore oppure Grana Padano
250 gr di burro della Latteria Sociale di Beduzzo Inferiore
Aglio 
Salvia
500 gr tra bieta coste e verza riccia con prevalenza di bieta
500 gr di patate
Acqua
Sale iodato


Tagliare i formaggi in dadini piccolissimi e grattugiare il Parmigiano o il Grana. Lavare le verdure, affettarle a listerelle, sbucciare e lavare le patate, tagliare a dadotti non troppo grandi ma neanche piccolissimi. Porre in una pentola le patate e la verza, coprire d’acqua, far bollire e salare. Quando le patate saranno cotte, aggiungere la bieta, dopo due o tre minuti aggiungere i pizzoccheri e far cuocere il tempo indicato sulla confezione. Scolare il tutto. In una insalatiera a fondo largo, porre uno strato di circa un centimetro e ben allargato di pizzoccheri con le verdure di cottura, cospargere con il formaggio tagliato a dadini a ricoprire interamente lo strato di pasta e verdure, spolverare con il parmigiano a ricoprire interamente lo strato di formaggi, quindi creare un altro strato di pasta e verdure, poi formaggi, parmigiano etc., sull’ultimo strato versare il burro filtrato in cui sono stati soffritti a fuoco bassissimo e a lungo l’aglio e la salvia, girando in modo da coprire uniformemente tutta la superficie, e cospargere generosamente di parmigiano, quindi coprire con un canavaccio pulito che non tocchi la superficie e lasciar riposare per una decina di minuti. Tagliare a fette in modo tale da prendere dal primo all’ultimo strato. Quindi la settimana successiva mettersi a dieta e fare tanta attività fisica all’aria aperta.

sabato 17 dicembre 2016

Pizzicotti al limone, noci e melanzane con Parmigiano Reggiano

Pizzicotti al limone, noci e melanzane con Parmigiano Reggiano

Ci si lamenta spesso delle alluvioni e delle cosiddette calamità naturali addossando responsabilità e colpe ogni qual volta la Terra si innervosisce per una gestione scellerata del territorio e si imbizzarrisce, scrollandosi di dosso quelle spesso fastidiose bestiole che calpestano in piedi avvolti da scarpe la propria superficie. Oltre alla vicinanza spirituale con le popolazioni colpite dagli starnuti della Natura, c’è da aggiungere un senso di rabbia che ogni volta arriva fin sulla cute. Che bisogno c’è di costruire le case sugli argini di fiumi e torrenti? Che necessità c’è di costruirle praticamente sulla bocca del cratere di un vulcano attivo? Nessuna, soltanto la criminale voglia di onnipotenza, il senso di vincere la Natura per ottenere denari, che poi, oggettivamente, una volta pietrificati da ondate di fango o di lava, che ci si fa con quei soldi? Niente, ovviamente. Non servono a chi è rimasto sotto le macerie della propria abitazione costruita con criteri illogici e allora la rabbia diventa grido di dolore per quelle persone che ancora una volta sono vittime di uno Stato che dovrebbe proteggere la cittadinanza e che invece è sempre più qualcosa di astratto e illogico.
Questa ricetta è ispirata a tutte le persone, e le realtà produttive, che amano la Natura e la rispettano.

Acqua
Farina sabina
Lievito di birra
Lievito madre
Melanzane
Noci locali
Limone non trattato
Parmigiano Reggiano della Latteria Sociale di Beduzzo Inferiore


Lavare e affettare le melanzane, grigliarle, tagliuzzarle con le forbici. Sgusciare le noci e spezzettarle, lavare il limone e grattugiarne la buccia. Impastare la farina con acqua in cui è stato sciolto il lievito, lievito madre, le melanzane, le noci e il limone grattugiato, far lievitare per almeno una notte. Creare pallettine con le mani di circa due centimetri di diametro, porvi dentro cubetti di parmigiano, chiudere e mettere nella carta forno nella teglia per i plum cake piccoli. Infornare in forno ben caldo a 200°C o 220°C per il tempo di cottura 

venerdì 16 dicembre 2016

Albero di pandoro con crema al cioccolato

Albero di pandoro con crema al cioccolato

Ogni regione italiana ha il proprio dolce natalizio, quello per le occasioni speciali e così via, poi ci sono alcune regioni che hanno saputo imporre le proprie tradizioni a tutta la Penisola, con gusto e maestria nella complessa arte della vendita. Spesso si pensa che un buon prodotto non abbia bisogno di pubblicità o di venditori o che, peggio, ci si possa improvvisare in un mestiere che è alla base del commercio. Nel Veneto, regione del pandoro, inorridirebbero a sentire una tale assurdità. Per secoli la Serenissima Repubblica di Venezia e le Repubbliche marinare italiane hanno potuto svilupparsi e crescere in bellezza, prestigio e libertà grazie ad uno tra i più antichi mestieri che l’uomo abbia inventato, quello del mercante. In Olanda, nella morigerata e grigia Olanda, il luogo in cui tutto è razionale anche se con una buona dose di originalità gli abilissimi mercanti locali sono riusciti a far letteralmente impazzire un popolo per i tulipani. C’è stato un momento nella storia nederlandese in cui ricchissime famiglie sono andate in bancarotta per la smodata passione per i tulipani, fiori molto belli, non c’è che dire ma se ci si pensa, che abilità quel mercante che per primo ne fece comprendere la bellezza creando una vera e propria mania collettiva nelle classi danarose. D’altronde i Paesi Bassi, un Paese piccolo che produce due o tre tipi di formaggio dal sapore non particolarmente deciso, riescono sempre ad essere i primi nel commercio mondiale di tale prodotto caseario, superando gli italiani, che con Parmigiano Reggiano vantano il più alto numero di imitatori e che producono un numero di tipi di formaggio tanto alto da far impallidire i più noti formageur d’oltralpe. Ebbene il commercio è spesso mal considerato eppure è alla base del successo economico di un luogo, spesso. Ne è dimostrazione la diffusione di pandori, veronesi, e panettoni, milanesi, in tutto il territorio italiano. Prodotti spesso ottimi altre volte un po’ meno che sembra non possano mancare dalle tavole italiane imbandite per le festività dicembrine.
Questa ricetta è ispirata ad uno tra i mestieri più antichi della storia umana, quella del mercante.

Pandoro Paluani
Crema Novi


Aprire un pandoro, cospargerlo di zucchero, quindi tagliare tre o quattro ‘piani’, fette dal lato corto, spalmarli di crema Novi o altra crema alle nocciole e cioccolato, far riposare una notte così da far assorbire bene il cioccolato e servire tagliandolo a fette normalmente.

giovedì 15 dicembre 2016

Dolce a lievitazione lenta con limone

Dolce a lievitazione lenta con limone

A dicembre la frenesia per i regali natalizi sembra una specie di morbo che d’improvviso contagia la popolazione italiana nel suo complesso. Poco importa se non si crede in alcuna religione o se si crede in un’altra religione, il Natale o il Capodanno o la Befana sono comunque festività che induco il cittadino italiano medio ad una frenesia da acquisto insolita. C’è chi prende d’assalto i negozi di elettronica, chi quelli di giocattoli o di vestiti e scarpe e chi semplicemente curiosa tra le vetrine per capire cosa acquistare in saldo subito dopo le festività. Una nuova, si fa per dire, tendenza è quella di acquistare prodotti gastronomici di qualità rinverdendo un’antica tradizione. I nordici mercatini di Natale sono ormai anche nelle più assolate città del Sud che mai hanno visto la neve se non in casi talmente eccezionali da essere annoverati tra gli eventi storici. Fermandosi un momento a riflettere, anche se è difficile durante la frenesia prefestiva, si potrebbe anche immaginare le festività come un momento per scegliere consapevolmente di dare un segnale positivo all’artigianato locale, all’economia italiana che molto si basa sulla qualità artigiana, andando ad acquistare oggetti unici, che rispettino e promuovano il territorio italiano, le eccellenze e la bellezza di un dono fatto con amore e sapienza.
Questa ricetta è ispirata alla lentezza che caratterizza la produzione artigianale italiana di qualità.

Fiocchi di limone non trattato
Lievito di birra
Lievito madre
Latte
Farina
Zucchero
Uova
Cannella in polvere

Impastare il tutto con il miscelatore elettrico, far lievitare in frigo per almeno una notte. Versare il composto in teglia imburrata e infarinata oppure rivestita di carta forno, cospargere con zucchero e cannella in polvere. Infornare in forno ben caldo a 180°C o 200°C per una mezzoretta circa e comunque fino a cottura

mercoledì 14 dicembre 2016

Panettone gastronomico con salsa di tonno

Panettone gastronomico con salsa di tonno

C’è un discrimine netto, evidente e palese tra corruzione e politica. La corruzione è quella attualmente agita nei palazzi del cosiddetto potere, la politica quella agita dalle persone, dalla società civile. Mai prima d’ora il livello di scissione tra politicanti e realtà è stato così intenso. A ben guardare mai prima d’ora l’arte, la musica, il teatro e la danza erano state tanto distanti dalla popolazione, dalle società. Non è accaduto negli anni ’20 del Novecento che hanno causato regimi e distruzione di speranze, idee, sogni e ideali. Nemmeno durante il periodo punk c’è stata tanta apatia, tanta differenza e diffidenza tra politicanti e politica, tra governanti e governati. O forse, a ben guardare, tutto ciò è accaduto prima della Rivoluzione Francese, per quanto concerne i politicanti ma nelle chiese, sulle tele, nelle note che entravano subdole tra le mura dorate di Versailles il popolo, la borghesia, la società avevano un posto d’onore, energia vibrante passioni nascoste.
Questa ricetta è ispirata alla politica e alla società civile.

Panettoncino gastronomico Motta
Maionese
Ketchup
Tonno in olio extravergine d’oliva
(Olive per guarnire)


Sminuzzare il tonno scolato con la forchetta, aggiungervi la maionese e il ketchup in giusta misura, affettare il panettoncino dal lato corto creando tre o quattro strati, spalmare il composto in ogni strato e richiudere. Per guarnire eventualmente usare un’oliva verde.  

martedì 13 dicembre 2016

Pizzicotti con limone, melanzane e noci

Pizzicotti con limone, melanzane e noci

Qualche tempo fa venne pubblicata una divertentissima traduzione di un libretto di istruzioni per il mouse. In molte lingue la parola ‘mouse’ e tutte le altre parole del lessico informatico è stata tradotta prima di essere utilizzata. È quindi ovvio che il ‘mouse’ in alcune lingue non si chiami così bensì ‘topo’. Il libretto di istruzioni si riferiva ad un mouse a rotelline, non ottico, che si chiamavano ‘balls’, palle, e ovviamente la traduzione fece il giro del web perché oggettivamente era piuttosto comica. Alcune lingue sembrano più pronte ad accogliere al proprio interno parole ‘straniere’, specialmente se fanno parte di qualcosa di nuovo, di tecnologico, altre invece preferiscono tradurle con un equivalente immediatamente comprensibile. L’italiano è una di quelle lingue in cui pare che le parole straniere siano particolarmente bene accette. Pare, sembra perché in effetti poi le parole non italiane vengono pronunciate in modo che risulterebbe incomprensibile ai madrelingua oppure adattate all’italiano con ibridi a dir poco raccapriccianti. Per quanto concerne il lessico informatico è abbastanza evidente a chiunque come ciò sia accaduto senza neanche far troppo rumore. Downloadare, uploadare, faxare, smessaggiare sono soltanto alcuni esempi, ma su alcune parole si è scatenata addirittura una vera e propria diatriba. È più giusto dire scannerizzare o scansionare? È più giusto digitale, numerico o informatico? Ognuno ha la sua teoria e la difende, solitamente e tipicamente, a spada tratta. La faccenda, in sé, sarebbe comica se non fosse, spesso, farsesca, come nel caso delle traduzioni di esperienze culinarie nella lingua della Perfida Albione, l’inglese. Ora, se è comprensibile che per le tecnologie si utilizzi un linguaggio ormai pressochè universale, è oggettivamente farsesco che in Italia, la Patria del mangiar bene, il Paese con la più ampia biodiversità in tutto il Pianeta, il luogo in cui si riescono a ricavare migliaia di varietà di fagioli da due tipi che provengono dall’America Latina e che sono rimasti pressoché invariati in tutto il resto del mondo, la Nazione che ha insegnato a chiunque il concetto di cibo in quanto creazione artistica dalla incredibile varietà di forme, colori, sapori, odori, in Italia dunque si debba assistere alla inglesizzazione del lessico culinario. Pentole, paioli, caminetti, forni e fornelli, vanghe e rastrelli si rifiutano categoricamente di essere assoggettate ad una ‘cultura’ che con il pesce ha creato il fish&chips, superato in eccellenza da qualunque fritturina di pesce italiana, e con i maestosi buoi delle praterie americane i ‘burger’, cioè polpette mal assemblate e ancor peggio cucinate. Senza nulla togliere alla grandiosità della cucina anglosassone, che ha i suoi pregi e le sue squisite specialità, o a quella Nordamericana, che presenta notevoli ed interessantissimi spunti, veramente non si può sentir masticare male l’inglese, l’italiano e il cibo, la cui preparazione in Italia è assimilabile all’arte che rende mirabili e uniche le città italiane.
Questa ricetta, un pizzicotto per ricordare la bellezza italiana, è ispirata alla bellezza della lingua di Dante, Boccaccio, Manzoni, Ariosto, Goldoni.

Acqua
Farina sabina
Lievito di birra
Lievito madre
Melanzane
Noci locali
Limone non trattato
Miele di acacia dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Timo fresco


Lavare e affettare le melanzane, grigliarle, tagliuzzarle con le forbici. Sgusciare le noci e spezzettarle, lavare il limone e grattugiarne la buccia. Impastare la farina con acqua in cui è stato sciolto il lievito, lievito madre, le melanzane, le noci e il limone grattugiato, far lievitare per almeno una notte. Creare dischettini con le mani spessi poco meno di un centimetro inserirvi dentro una punta di cucchiaino di miele, richiudere, aggiungere timo fresco e mettere nella carta forno nella teglia per i plum cake piccoli. Infornare in forno ben caldo a 200°C o 220°C per il tempo di cottura 

lunedì 12 dicembre 2016

Penne con indivia belga witlof, castagne al forno e stracchino

Penne con indivia belga witlof, castagne al forno e stracchino

La provincia è quel luogo in cui tutto viene fatto con ritmi più lenti, più naturali, in cui è possibile mangiare la pasta fatta in casa, il brasato e quegli alimenti che richiedono cotture lunghe ed elaborate, accade però, anche in provincia che non si abbia tanta voglia di cucinare o che non si abbia tanto tempo e si voglia fare una cosetta all’istante con quello che c’è in casa, rigorosamente senza rinunciare al gusto. In questa ricetta semplicissima e veloce si esprime tutta la creatività italiana di una pasta al volo, da fare con ciò che c’è, gustosa e amarognola in cui la dolcezza delle castagne dialoga con il sapore deciso della witlof in un dialogo armonizzato dallo stracchino.

Castagne
Indivia belga
Olio extravergine di oliva
Sale iodato
Stracchino
Acqua
Sidro delle Asturie Sidreria Crespo
Penne De Cecco


Crastare le castagne e cuocerle in forno caldo a 160°C o 180°C girandole di quando in quando, farle intiepidire e spezzettarle. Far bollire l’acqua per la pasta. Mentre cuociono le penne, in una padella larga far scaldare l’olio, poco, versarvi l’indivia belga lavata e tagliata a listerelle. Salare, far cuocere, a fuoco medio vivace ma non troppo, quindi sfumare col sidro, aggiungere le castagne, scolare la pasta lasciando da parte l’acqua di cottura, ripassarla in padella con lo stracchino. 

domenica 11 dicembre 2016

Fettuccine al limone con crema di limone, mandorle e calendula

Fettuccine al limone con crema di limone, mandorle e calendula

Godere della bellezza delle festività vuole anche dire avventurarsi in gusti insoliti con specialità normalmente cucinate con sughi e intingoli piuttosto consistenti.
Questa ricetta rielabora una suggestione siciliana con i sapori del Sud Italia.


Limoni non trattati
Uova da allevamento non intensivo
Farina Sabina
Panna fresca oppure panna di mandorle
Mandorle intere
Sale iodato
Qualche fiorellino di calendula
Acqua

Impastare la sfoglia con uova, farina e fiocchi di scorza di limone non trattato e ben lavato. Stenderla sottile ma non sottilissima, se con la macchina per la pasta utilizzare al penultimo buco. Quindi tagliare la sfoglia arrotolata a mano oppure passarla nel rotolo per le fettuccine, l’ideale sarebbe quello per le fettuccine strette o tagliolini. Tostare le mandorle in padella. Tritarle grossolanamente o pestarle. Far bollire l’acqua. Nel frattempo preparare il condimento scaldando leggermente la panna con le scorze di limone e il succo, facendo attenzione a non farla aggrumare, aggiungere quindi le mandorle tostate, eventualmente il sale e in ultimo qualche fiorellino di calendula ben lavato. Lessare le fettuccine nell’acqua bollente salata e con una spirale di scorza di limone che verrà utilizzata poi per guarnire, scolarle con l’apposito utensile, metterle nell’insalatiera con il condimento, se necessario aggiungere acqua di cottura e guarnire con la spirale di scorza di limone della cottura. 

sabato 10 dicembre 2016

Teglia di patate, castagne, calendula e scamorza di bufala affumicata

Teglia di patate, castagne, calendula e scamorza di bufala affumicata

Le grandi rivoluzioni viaggiano sull’ali dorate come il pensiero verdiano e si compiono con la naturalezza con cui si respira. Il coraggio necessario a metterle in atto, impensabile in qualunque altro frangente, gonfia i cuori, emoziona le menti e infonde forza di ribellione o di azione a chi normalmente avrebbe timore ad alzare anche soltanto la voce. Improvvisamente qualcosa di più importante della bellezza stessa diviene necessità ineluttabile, afflato vitale, bisogno primario. Non accade sempre, ma quando un popolo si fa coraggio e agisce come un sol corpo qualcosa di incredibile semplicemente prende forma, si sviluppa, si snoda tra le strade, nei placidi vicoletti, tra gli scialletti di lana e le trine ad uncinetto, fermenta tra le botteghe e nei salotti rinomati, infiamma calmo le forge della libertà.
Questa ricetta, con ingredienti un tempo considerati poveri e oggi prelibati come un fiore di campo, è ispirata al Risorgimento italiano e alla enorme forza creatrice che ha saputo generare.

Castagne
Patate
Scamorza di bufala affumicata La Bottega del Casaro
Olio extravergine di oliva
Sale
Mozzarella
Pochi fiorellini di calendula
Pangrattato
Parmigiano Reggiano Latteria Sociale Beduzzo Inferiore

Lessare le patate con tutta la buccia, quindi scolarle, spellarle e tagliarle a fette di circa un centimetro. Crastare le castagne e bollirle in abbondante acqua salata, scolarle, sbucciarle cercando di farle rimanere quanto più possibile intere. Sminuzzare la mozzarella e la scamorza con una leggera prevalenza della prima oppure passarle col passaverdure. In una teglia oliata disporre uno strato di patate, condire con sale e olio, uno strato di formaggio, uno strato di castagne e così fino all’ultimo strato, da cospargere con pangrattato, olio, parmigiano grattugiato e qualche fiorellino di calendula ben lavato. Infornare in forno ben caldo a 180°C o 200°C per una mezzoretta. 

venerdì 9 dicembre 2016

Insalata con sedano, finocchi, arance, radicchio, noci, calendula e Parmigiano

Insalata con sedano, finocchi, arance, radicchio, noci, calendula e Parmigiano

L’inverno è il momento in cui ci si dimentica di mangiare in modo sano e salutare, di fare il pieno di vitamine per affrontare la stagione fredda, eppure la Natura ci fornisce ottimi frutti per ricordarci di svolgere questa importantissima e gustosissima azione.
Questa insalata, dietetica, traboccante di vitamine e colori che aiutano a mettere di buon umore e sostanziosa, è perfetta per depurare il corpo prima di bagordi e mangiate festive.

Radicchio rosso di Treviso
Finocchi
Coste di sedano
Arance italiane non trattate
Noci locali
Parmigiano Reggiano della Latteria Sociale di Beduzzo Inferiore
Olio extravergine di oliva
Gomasio
Pane
Aceto di mele
Sale iodato
Semi di finocchio
Qualche fiorellino di calendula


Tagliare delle fette di pane piuttosto spesse, di circa due centimetri, tostarle bene. Farne cubetti e ripassarli in forno o al grill. Lavare e affettare il sedano, il radicchio e i finocchi, porli in un recipiente, condire con noci sbucciate e spezzettate, olio, qualche goccia di aceto e gomasio. Lasciar insaporire per qualche minuto, nel frattempo sbucciare le arance e tagliarle in cubetti, condire con semi di finocchio, sale, olio. Tagliare il formaggio in cerini. In un piatto largo da portata porre al centro radicchio, finocchi, sedano e noci, spolverando in superficie con un po’ di granella di noci. Tutto intorno porre una fila di cubetti di pane, quindi le arance contornandole con i crostini di pane. Guarnire con i cerini di formaggio a piacimento e con qualche fiorellino ben pulito di calendula.