Polpettine omogeneizzate di manzo e vitella bolliti senza
uovo o latte
I punti di
contatto e di attrito tra Karl Marx e Giuseppe Mazzini sono molti di più di
quanto si pensi comunemente. Ambedue hanno partecipato alle Internazionali,
riscuotendo molti favori, le loro idee sono state diffuse in modo clandestino e
hanno animato discussioni, circoli e sette segrete, muovendo alla rivolta
intere popolazioni, aggregando denari e persone, ispirando rivoluzioni e
governi.
I due pensatori
hanno inoltre manifestato, più o meno nello stesso periodo, un disagio profondo
nei confronti della società che si stava venendo a creare con la rivoluzione
industriale. Leggevano nel progresso tecnologico possibilità di sviluppo ma
anche enormi lacune e difficoltà da risolvere che avrebbero, altrimenti,
portato ad un impoverimento e, fondamentalmente, ad un’involuzione anziché ad
un’evoluzione di quelle conquiste di libertà che avevano avuto un acme nella
Rivoluzione Francese del 1789.
Se per Marx,
però, la presa della Bastiglia e la sollevazione parigina furono il segnale per
l’inizio di un lungo e proficuo periodo rivoluzionario, per Mazzini il medesimo
evento storico rappresentava il culmine di un’epoca ormai conchiusa, dalle cui
ceneri vitali sarebbe germogliata, e stava di fatto nascendo, una nuova epoca
con necessità, esigenze ed istanze nuove dell’Umanità intera.
Partendo da due
punti vicini ma anche alquanto differenti, i due elaborarono analisi del
momento presente e proposero alcune soluzioni, animati dal medesimo bisogno di
giustezza sociale.
Marx fotografò
ciò che osservava, il mondo diviso in classi sociali, e auspicava la presa di
coscienza di quello che oggi si chiamerebbe potere contrattuale degli
appartenenti alle classi più povere di denari ma più ricche di capacità e di
forze. Immaginava la dignità di proletari e di un proletariato unito,
escludendo, di fatto, i più poveri di mezzi, di forze e di capacità, ovvero il
sottoproletariato urbano e il contado. Il piccolo bottegaio e l’artigiano erano
anche loro, in qualche modo, esclusi dalla possibilità di riscatto delle genti
del mondo.
Mazzini invece
era un uomo all’apparenza molto più vagheggiante, più visionario e idealista ma
in realtà aveva una concretezza d’azione che gli aveva fatto immediatamente
comprendere che qualunque analisi basata su classi sociali sarebbe stata
riduttiva, inesatta e fondamentalmente avrebbe riproposto i medesimi schemi
mentali e analitici imposti per millenni da clero e aristocrazia, o comunque
dalle classi dominanti. Il genovese non soltanto non escludeva i contadini, i
piccoli borghesi, i bottegai e gli artigiani, e finanche i grandi industriali,
peraltro a ragione visti e considerati gli esperimenti sociali di altissimo
rilievo quali quelli di Owen, ma ne affermava la forza rivoluzionaria, ne
comprendeva il bisogno di vivere in una società più giusta in cui la dignità
non fosse un concetto astratto bensì una pratica diffusa, un’ovvietà quasi,
all’interno di una società libera. Non parlava di unione del proletariato bensì
di unione di tutte le persone che compongono, individualmente, la Patria e
l’Umanità nella sua interezza.
La produzione
industriale certamente poneva alcuni interrogativi, tra cui cosa è
universalmente utilizzato da chiunque in modo tanto generico da poter essere
prodotto in grandi fabbriche, oppure quali problemi accomunano i lavoratori e i
nuclei sociali che vanno a comporre il più ampio e composito quadro della
società nel suo complesso.
La rivoluzione
industriale, però, è fatta da persone ed è, a ben guardare, uno strumento
ulteriore che, se utilizzato in modo assennato, può portare grandissimi
benefici all’umanità intera.
Il battello a
vapore, ad esempio, consentì una maggiore sicurezza per chi lavorava sulle
imbarcazioni e una velocità molto maggiore, potenzialmente, nel trasporto delle
merci ma i dazi doganali ne limitavano la velocità al punto che era più
conveniente trasportare la mercanzia su carretti trainati da muli.
È più che
evidente che l’apertura delle dogane avrebbe, come è accaduto molti decenni
dopo con l’Unione europea, comportato una rivoluzione pacifica di portata immensa.
Mazzini
comprese, in modo un po’ sbilenco, che la vera rivoluzione era già in atto e
che le società avrebbero semplicemente dovuto adeguarsi per fornire quelle
condizioni necessarie al progresso sociale, senza stravolgimenti violenti,
altrimenti il rischio sarebbe stata, come è puntualmente avvenuto, la deriva
totalitaria.
Marx capì i
meccanismi produttivi della produzione industriale su vasta scala ma, forse,
non ebbe abbastanza fiducia nelle capacità di resilienza delle libertà e delle
società.
Questa ricetta è
ispirata al rapporto controverso tra Marx e Mazzini, che tra loro ben si
conoscevano e, se il tedesco chiamava il genovese ‘prete visionario’,
l’italiano liquidò i tomi scritti dall’economista con poche, lapidarie e
tristemente profetiche parole.
Manzo in pezzo
unico acquistato dal macellaio di fiducia
Vitella in pezzo
unico acquistata dal macellaio di fiducia
Acqua
Sale iodato
Semi di
finocchio acquistati dal mercante di fiducia
Aglio
Salvia fresca
Rosmarino fresco
Foglie di
cipolla fresca dell’orto
Mollica di pane
casareccio
Bevanda di avena
light
Pangrattato
casereccio
Olio
extravergine di oliva per la teglia
Far bollire
l’acqua, sufficiente a coprire bene la carne, con gli odori, salare, quando
bolle versare la carne, se possibile, prima il manzo, poi, dopo circa un’ora la
vitella, riportare a bollore, coprire col coperchio e far cuocere a lungo. Far
intiepidire. Privare la carne di grasso e nervi, omogeneizzarla aggiungendo il
brodo, così da ottenere un composto abbastanza morbido ma non liquido. Nel
frattempo, far ammorbidire la mollica di pane della bevanda di avena ben calda,
quindi strizzarlo e spappolarlo bene nell’impasto omogeneizzato. Addensare col
pangrattato ma non troppo, fare palline di circa cinquanta grammi l’una e panare
col pangrattato. Lasciare in frigorifero per un paio d’ore almeno. Oliare la
teglia, porre le polpette all’interno, condire con un filo d’olio, infornare in
forno ben caldo a circa 180àC o 200°C per il tempo necessario alla cottura.