sabato 30 aprile 2016

Panfocaccia con cipolla, ciliegini Pachino e capperini


Una delle più tradizionali focacce del Meridione d'Italia è quella in cui la cipolla e altri alimenti facilmente reperibili in quelle zone, quali ad esempio i pomodori, le olive e i capperi, vengono mischiate all'impasto e messe a lievitare. Probabilmente all'origine aveva la stessa funzione delle pizze ripiene con le verdure del Centro Italia: sentire se il forno a legna era alla giusta temperatura prima di infornare il pane, impastando, con quel che rimaneva dalla preparazione delle pagnotte che rimanevano fragranti anche per un paio di settimane, qualche erbetta di campo o gli ortaggi più comuni che non mancano mai nelle cucine italiane, almeno in quelle in cui si cucina. Questa ricetta ricalca abbastanza quella tradizionale, proponendo un ideale ponte che unisca le terre di Scilla e Cariddi nel sapore avvolgente del caldo sole del Sud Italia. Beninteso che il ponte è soltanto ideale e non di asfalto e cemento, come taluni propongono, fingendo di ignorare completamente la cultura stessa di un Paese in cui per costruire qualche decina di chilometri di autostrada tra Salerno e Reggio Calabria si stanno impiegando decenni di lavori pubblici che non hanno la minima intenzione neanche di far finta di volersi concludere un giorno, chissà quando. Ma questo fa parte delle contraddizioni di una Nazione nota in tutto il Pianeta per le indubbie capacità e competenze degli ingegneri che si occupano di costruire strade e ponti pressoché ovunque nel mondo. Il collegamento, dunque, 'tra l'isola e il continente' è un ponte fatto di acqua, onde, voci, suoni, miti, leggende e sapori, che esprimo l'essenza stessa del Sud.
L'olio utilizzato è quello extravergine di oliva prodotto ad Altomonte, presso l'Azienda Agrituristica Le Farnie, seguendo l'antico metodo della molitura a freddo con alcuni accorgimenti dell'epoca contemporanea, quali una tecnologia piuttosto innovativa per ottenere la giusta viscosità mantenendo intatte le proprietà nutritive e il gusto dell'oliva maturata a pochi chilometri dal mare e dal Parco Nazionale del Pollino. L'aroma deciso e forte ben si abbina ai saporitissimi pomodorini secchi di Pachino, alla soda morbidezza dei capperini isolani e all'aspra dolcezza di uno tra gli ortaggi più antichi del Mediterraneo.


Farina sabina
Olio extravergine di oliva Frantoio del Castello, Azienda Agrituristica Le Farnie, Altomonte
Sale grigio di Bretagna
Pomodorini secchi di Pachino
Capperini isolani
Acqua
Lievito di birra
Cipolla


Affettare sottilmente una cipolla intera, lavare e tagliuzzare i pomodorini secchi di Pachino. In una terrina o sulla spianatoia mettere la farina, il lievito di birra sciolto in acqua tiepida e tutti gli ingredienti, aggiustare di olio e di acqua in base alla necessità, creare un composto sodo ma non troppo compatto, lasciar lievitare a lungo. Mettere in teglia oliata o con carta forno, infornare a 180°C-200°C per almeno 30'.

venerdì 29 aprile 2016

Farro con verdure al curry



Il mondo è bello perché è vario, recita il proverbio, eppure spesso quando si parla di plurilinguismo, multiculturalismo e di costruire un valore aggiunto sulle differenze, ecco che si erigono muri col filo spinato e barricate coi cavalli di frisia. La diffidenza solitamente aumenta quando dall'Europa si guarda verso Est o verso Sud e questo per un manipolo di cretini che si è insediato nella culla della civiltà occidentale andando ad instaurare regimi dittatoriali e clericocratici. Il riferimento a Ernesto Rossi, uno dei compilatori del Manifesto di Ventotene, è casuale eppure necessario. Se egli, infatti, denunciava l'ingerenza della Chiesa Cattolica nell'Italia post-fascista con il termine 'clericocrazia', è ovvio che non si possa neanche immaginare che le dittature nell'Oriente Medio e Lontano abbiano qualcosa a che fare con la divinità, definirle 'dittature teocratiche' è dunque una blasfemia, non tanto in quanto offesa alla deità, quanto al popolo e al suo governo di fronte alla scarsa importanza che tali omuncoli rivestono nell'immaginario collettivo. In altre parole, se Dio è qualcosa di veramente importante per molte persone e lo è stato nel corso della storia umana, altrettanto non si dirà di dittatorucoli da strapazzo il cui nome si dimentica prima ancora di mettere nel dimenticatoio i fatti di cronaca nera o rosa che funestano brevemente popolazioni intere costringendole a fuggire dai loro Paesi in cerca di libertà, sicurezza e ragionevole civiltà, anche giuridica.
La diffidenza tra Est e Ovest di un immaginario centro dell'Europa è particolarmente poco sensata se si pensa che molte culture con radici antichissime hanno o potrebbero avere un'origine comune da rintracciare proprio in quell'Oriente Medio o Lontano che sui titoli di giornale sembra tanto distante. Se culturalmente e storicamente le differenze ci sono e sono anche piuttosto evidenti, non altrettanto palesi sono le tante vicinanze, anche nel più semplice e antico gesto, nel più semplice e antico mestiere, cucinare.
In questa ricetta tali differenze si compongono in una lievissima armonia di sapori adatti anche ai vegetariani.
Si pensa che il farro sia il primo cereale coltivato dall'uomo, molto probabilmente nel Mediterraneo, dove veniva coltivata anche la cipolla, successivamente esportata nelle Americhe da Colombo, mentre il curry è un elemento tipico della cultura culinaria indiana e orientale. Continuando a 'girare verso Est' si arriva nelle Americhe, da cui provengono zucchine e peperoni, per poi tornare in Europa, dove i funghi champignon vengono coltivati almeno da duemila anni, in forma intensiva da qualche secolo, grazie all'intuizione di alcuni francesi. Ad amalgamare il tutto, l'olio extravergine d'oliva rigorosissimamente italiano e una sfumata di birra, la bevanda preparata fino a qualche secolo fa da donne, in origine sacerdotesse.


Farro
Sale
Birra
Acqua
Olio extravergine di oliva
Zucchine
Peperone
Funghi champignon
Menta fresca
Timo fresco
Bacche di ginepro
Cipollina ramata
Curry
Semi di finocchio


Lavare, tagliare e salare le verdure. In una padella fare un soffritto leggero con acqua e olio di cipollina tagliata finemente e bacche di ginepro, aggiungere, in sequenza, peperoni, zucchine, funghi, curry. Far cuocere a fuoco medio-basso, coperto così da far rimanere del liquido di cottura senza però avere l'effetto 'lesso'. Nel frattempo fare un soffritto leggero con acqua, olio, cipollina, curry, semi di finocchio in una pentola, aggiungere il farro, salare, far insaporire, aggiungere birra, poca, far sfumare completamente l'alcool, aggiungere acqua, far cuocere al dente, scolare e saltare nella pentola con le verdure. Lasciar riposare.

giovedì 28 aprile 2016

Pizza di magro al caffè con cotognata



La pizza di magro, o meglio 'di magru', è un dolce tipico mentanese che si utilizza durante le festività. Questa ricetta trae spunto dalla tradizionale 'pizza di magru', combinata col 'ciambellone', cui viene aggiunto l'aroma del caffè e qualche tocchettino di cotognata. Al posto del vino D.O.C. prodotto in Sabina, il Colli Sabini, il Chianti senese rosso che rafforza il colore del caffè, e invece del Sabina D.O.P. delicato e gentile, l'extravergine di oliva Antico Frantoio del Castello dell'Agriturismo Le Farnie, che racchiude in sé tutta la forza amarognola del sole calabrese.

300 gr. di farina sabina
200 grammi di zucchero Eridania più qualche grammo per spolverare la superficie
100 grammi di olio extravergine di oliva Antico Frantoio del Castello dell'Agriturismo Le Farnie
20 grammi di caffè solubile liofilizzato biologico (Bio Carrefour o Nescafè)
100 grammi di vino rosso della Cantina Sociale di Colle Val D'Elsa
1 bustina di lievito paneangeli
2 uova
Burro e farina per imburrare la teglia oppure carta forno
Cotognata Le Farnie, una strisciolina di 10cmx0,5cm tagliata a dadini piccoli

Mescolare insieme tutti gli ingredienti e metterli nella teglia imburrata o foderata di cartaforno, con il forno già caldo, spolverare di zucchero. Infornare in forno caldo a 160°C-180°C per 35'-40' minuti.

mercoledì 27 aprile 2016

Zuppa di borlotti con Olio dell'Antico Frantoio del Castello Le Farnie


A volte sono le cose più semplici quelle che piacciono di più e spesso è proprio nella semplicità che si trova l'eleganza più raffinata, questa ricetta è semplicissima e tutto è negli ingredienti.


Borlotti
Acqua
Ginepro
Salvia
Timo
Olio extravergine di oliva Antico Frantoio del Castello, Azienda Agrituristica Le Farnie
Sale
Pane sciapo


Dopo aver fatto rinvenire i fagioli in acqua per qualche ora, porli in una pentola con acqua salata, salvia, bacche di ginepro, timo far bollire e poi cuocere a fuoco basso. Tagliare a fette grosse del pane sciapo e disporlo nel piatto fondo, con un mestolo versare i fagioli con il brodo di cottura nel piatto, aggiungere un filo di olio a crudo Antico Frantoio del Castello, Azienda Agrituristica Le Farnie che ha un sapore particolarmente deciso.


martedì 26 aprile 2016

Zuppa di borlotti con pachino secchi



Non è vero che le zuppe sono buone soltanto in inverno. Non se ne abbia a male Mafalda, la bambina disegnata da Quino, che le odia fino a considerare il fratellino Nando, che invece le ama tantissimo, una specie di traditore della classe fanciullesca, però anche in estate si possono gustare ottime zuppe e minestre.
In questa ricetta, che può essere anche servita fredda, l'aroma intenso dei pomodorini secchi di Pachino si unisce alla delicatezza decisa del borlotto, con un pizzico di aglio e cipollina ad amalgamare il tutto.


Fagioli borlotti
Cipollina ramata
Aglio
Olio extravergine di oliva
Sale
Pachino secchi


Dopo aver fatto rinvenire i fagioli in acqua per qualche ora, fare un soffritto con uno spicchietto d'aglio e un pezzettino di cipolla tritati finemente in olio. Aggiungere dunque l'acqua e i fagioli borlotti, far bollire e poi cuocere a fuoco basso.

lunedì 25 aprile 2016

Zuppa fagioli-western

Questa ricetta, nella ricorrenza della Liberazione, è ispirata ai fagioli-western, il sottogenere degli spaghetti-western 'inventato' da Bud Spencer e Terence Hill con la caratteristica di essere un genere cinematografico in cui alla serietà tenebrosa e solitaria dei film western, dove ogni parola è il preludio di una sparatoria e comunque deve essere presa molto sul serio se non si vuole finire fuori dalle porte del saloon a lanciarsi pistolettate sotto il sole di mezzogiorno, viene sostituita la ridanciana, grottesca e furbesca forza delle mani. La bellezza intramontabile dei fagioli-western è la satira su un periodo in cui tutto era troppo serio mediante la riattualizzazione delle risse da paese, magistralmente raccontate da Guareschi, con la sagacità espressiva della farsa. Le improbabili botte dei due ancor più improbabili personaggi di un serissimo western sono un modo, tra tanti, per dire 'una risata vi seppellirà'. I fagioli-western sono anarchici, satireschi, farseschi eppure genuinamente comici, di quella comicità da cartone animato Warner Bros, Tom e Jerry o Willy il Coyote e Bip Bip, assurda eppure divertente a suo modo. La zuppa di borlotti e peperoni è ispirata a quelle immagini, è uno di quei piatti che avrebbe potuto essere sulla tavola di solidi legni sconnessi oggetto delle risse per burla di Bud Spencer e Terence Hill.

Fagioli borlotti
Cipolla
Olio extravergine di oliva
Peperone
Peperoncino
Sale
Ginepro
Birra
Acqua

Dopo aver fatto rinvenire i fagioli in acqua per qualche ora, mettere in una pentola un pezzo di peperone mondato e tagliato a listerelline piccole, una cipolla tagliata finissimamente, olio, bacche di ginepro, salare e far scaldare a fuoco medio-basso, aggiungere dunque birra, acqua e fagioli. Far bollire e abbassare la fiamma, far cuocere.

domenica 24 aprile 2016

Teglia di verdure con Ragusano D.O.P. e cotognata




La domenica è il giorno perfetto, almeno in Italia, per stare con la propria famiglia, con gli amici e concedersi un momento di relax. Appesantirsi con un piatto troppo elaborato potrebbe non essere la scelta più adatta, soprattutto nelle prime belle giornate di primavera, per cui non c'è niente di meglio di una bella teglia di verdure, magari acquistate dai produttori locali e possibilmente durante gli altri giorni della settimana, così da consentire a chiunque, anche a chi lavora in negozi e supermercati, di godersi la giornata in santa pace.
In questa ricetta il sapore forte delle terre si Sicilia espressa dal Ragusano D.O.P. si unisce alla dolce concretezza delle terre calabresi, da cui proviene la cotognata, insaporendosi con le tradizionali zucchine romanesche e l'aroma amarognolo dell'indivia belga.


Zucchine
Olio extravergine di oliva
Aglio
Indivia belga
Funghi champignon
Ragusano D.O.P. stagionato
Sale
Pangrattato
Cotognata


Preparare le zucchine grigliate qualche giorno prima nel modo seguente: mondarle, tagliare per il verso lungo in fettine di 0,5cm-1cm circa, grigliarle su una griglia con del sale, condirle con olio extravergine di oliva e pochissimo aglio. Lasciarle insaporire per qualche giorno, anche in frigo. Lavare e tagliare a spicchietti di circa un centimetro di spessore l'indivia belga, disporla a coprire il fondo oliato di una teglia, salarle lievemente e aggiungere un filo d'olio, coprire con le fettine sottilissime o i dadini di Ragusano D.O.P., dunque con le zucchine grigliate e insaporite, in ultimo uno strato irregolare di funghi tagliati a listerelle o dadini piccoli e lievemente salati, aggiungere poi l'olio delle zucchine, dunque il pangrattato e qualche tocchettino piccolissimo di cotognata. Infornare in forno già caldo a 200°C-220°C per meno di venti minuti.

sabato 23 aprile 2016

Burek vegetariano con Pecorino romano


I confini tra Paesi e Regioni del Pianeta si definiscono in molti modi, in base a criteri di opportunità politica, oppure di eventualità storiche, a volte sulla base di elementi geografici, quali catene montuose, fiumi e mari. Questi sono spesso variabili, possono spostarsi, sezionarsi o modificarsi nel corso della storia. Poi esistono i confini culturali, quelli connessi all'esperienza, alla cultura e alla conoscenza. Anche questi possono variare ma in modo molto più complesso, tant'è che spesso i regimi dittatoriali cercano di imporre con la violenza una separazione inesistente, qualcosa che non è neanche immaginabile. La geografia della conoscenza passa molto spesso attraverso le fiabe, la lingua parlata, la musica e la cucina. Il burek è uno di quei cibi che potrebbero far riconsiderare il concetto di confine nazionale e macro-regionale; unisce, infatti, in un'unica linea continua, tutto l'Est europeo, a partire dalla Turchia fino alla Polonia, passando per la Grecia, la ex-Jugoslavia, l'Ungheria, la Romania e via discorrendo. Nell'Europa occidentale non è molto conosciuto, se non, appunto, come alimento dell'Europa orientale.
In questa ricetta questa tipicità orientale incontra si esprime nella delicatezza tipica delle pizze ripiene italiane e della Provenza francese, con un risultato adatto anche ai vegetariani.


Cicoria
Olive amare in salamoia
Pecorino romanesco
Aglio
Olio extravergine di oliva
Peperoncino
Sale
Acqua
Stracchino
Pasta fillo


Mondare, spezzettare e lessare la cicoria in abbondante acqua salata, scolarla, farla scolare un po', ripassarla in padella con l'olio insaporito da aglio e peperoncino, che devono essere tolti prima di mettere la cicoria, quando l'aglio è imbiondito ma non dorato, farla freddare, triturarla nel robot da cucina. Denocciolare le olive amare e spezzettarle, unirle alla cicoria, allo stracchino e al pecorino grattugiato, mescolare bene. Oliare una teglia, aprirvi un foglio di pasta fillo, riempirlo con il composto, chiudere e procedere con gli altri fogli oppure con lo stesso, dipende dalla grandezza della teglia. Una volta finito, oliare la superficie e mettere in forno già caldo a 200°C-220°C per circa una mezz'ora, finché il centro non diventi croccante e lievemente brunito.

venerdì 22 aprile 2016

Orecchiette rustiche salentine con broccoli, radicchio, mandorle e pecorino romanesco di Mamma Lucilla e Papà Pietro


In questa ricetta, inventata da Mamma Lucilla e Papà Pietro, i sapori e le suggestioni della cucina italiana si uniscono andando a creare un insieme armonioso e gustosissimo. Le note piccantine del peperoncino e dell'aglio si addolciscono nella corposità del pecorino romanesco e si esaltano con il leggero aroma amarognolo del radicchio. Per amalgamare il composto un trito di mandorle dolci che rinforza la consistenza delle orecchiette rustiche salentine.


Radicchio
Olio extravergine di oliva
Cipollina
Broccolo verde
Peperoncino
Aglio
Sale
Mandorle
Pecorino romanesco


Cuocere a parte il radicchio e il broccolo nel modo seguente. Mondare e tagliare a listerelle il radicchio e a rosette il broccolo. Mettere il broccolo nella vaporiera e far cuocere. Fare un soffritto leggero di cipollina, acqua, olio e aggiungere il radicchio, salare, far cuocere a fuoco medio-basso e poi far intiepidire. Scaldare l'olio con l'aglio e il peperoncino, togliere l'aglio appena imbiondisce senza dorarsi, versarvi il broccolo cotto e ripassare con l'olio insaporito, salare leggermente, far intiepidire. Triturare nel mixer ad immersione gli ingredienti del condimento, versarli in un recipiente per servire la pasta. A parte lessare le orecchiette in abbondante acqua salata, lasciarne da parte una ciotolina per ammorbidire il condimento se necessario. Scolarle al dente e condirle con il composto, servire con petali di pecorino.

giovedì 21 aprile 2016

Pizza con alici


La pizza marinara è una delle ricette più semplici e più complicate della pizzeria italiana. Ognuno ha la sua ricetta perfetta, questa non ha la pretesa della perfezione, però si spera di deliziare qualche palato e accontentare i gusti di chi alla pizza con le alici non sa proprio rinunciare ed è ispirata, nel giorno del Natale di Roma, alla pizza scrocchiarella romanesca.


Alicette sott'olio
Pomodori dell'orto o pelati Graziella
Olio extravergine di oliva
Origano
Aglio
Sale
Zucchero
Acqua
Farina sabina
Lievito di birra



Impastare la farina con l'acqua e il lievito, far lievitare a lungo. Preparare un sugo veloce con un soffritto di aglio e olio e i pomodori Graziella. Farlo addensare. Stendere la pizza sottile ma non trasparente. Condirla con le alici e i pelati interi cotti nel sugo e ridotti in poltiglia con la forchetta, usare soltanto quelli come pomodoro. Infornare in forno già caldo a 220°C.  

mercoledì 20 aprile 2016

Pizza ortolana


La pizza ortolana, lo dice il nome stesso, dovrebbe essere preparata con gli ingredienti che si trovano nell'orto. E bisogna dire che coltivare l'orticello è una moda sempre più diffusa anche tra le giovani e giovanissime generazioni che stanno riscoprendo la bontà di prodotti genuini e maturati naturalmente al sole. Tra l'altro è ottima norma, pur se non si dispone di un orticello o se non lo si è coltivato a ciclo continuo, utilizzare verdure di stagione, però da parecchio tempo si trovano nei mercati e dai fruttivendoli melanzane, peperoni e zucchine praticamente durante tutto l'anno. In realtà, già in primavera questi ortaggi che nell'immaginario si associano indissolubilmente all'estate si potrebbero trovare, se non maturati naturalmente, almeno coltivati in serre aperte, così da poter assaporare un ingrediente gustoso e quasi genuino.


Farina sabina
Acqua
Lievito di birra
Melanzane
Peperoni
Zucchine
Olio extravergine di oliva
Sale per la piastra
Aglio se piace



Grigliare melanzane, zucchine e peperoni su una griglia col sale. Metterli a riposare in olio ed eventualmente aglio. Impastare la farina con l'acqua e il lievito, far lievitare a lungo. Stendere la pizza sottile, mettervi sopra gli ortaggi grigliati e infornare in forno già caldo a 220°C.  

martedì 19 aprile 2016

Focaccia con patate


De Aardappeleters è un meraviglioso quadro di Vincent Van Gogh in cui il genio pittorico olandese mette in luce, tra le ombre della miseria, la dignità profonda degli esseri umani, di povera gente che mangia il più famoso tra i tuberi. Le patate sono sempre state associate, anche per la relativa facilità di coltivazione, alla povertà, eppure quante ricette della tradizione popolare sono squisite rielaborazioni nella raffinata cucina italiana!


Acqua
Farina
Sale grigio di Bretagna
Patate lesse
Patate crude a fettine
Olio extravergine
Latte
Lievito di birra


Lessare le patate con tutta la buccia, sbucciarle e impastarle insieme alla farina, al latte tiepido e al lievito di birra e all'acqua per sciogliere il lievito. Far lievitare a lungo, poi mettere in teglia e condire con olio extravergine di oliva, patate crude a fettine sottili, sale grigio di Bretagna e Rosmarino. Infornare in forno già caldo a 200°C.

lunedì 18 aprile 2016

Focaccia morbida con rosmarino e sale grigio di Bretagna


Tra la Francia e l'Italia c'è sempre stata una certa simpatia che si è spessissimo espressa in una forma di antipatia assoluta tra due popolazioni tanto simili quanto diverse. In questa focaccia due elementi caratteristici delle rispettive cucine si incontrano, novelli Romeo e Giulietta dell'epoca delle cucine digitali.


Farina
Olio extravergine
Latte
Rosmarino fresco
Sale grigio di Bretagna
Lievito di birra
Patate lesse
Acqua


Lessare le patate con tutta la buccia, sbucciarle e impastarle insieme alla farina, al latte tiepido e al lievito di birra e all'acqua per sciogliere il lievito. Far lievitare a lungo, poi mettere in teglia e condire con olio extravergine di oliva, sale grigio di Bretagna e Rosmarino. Infornare in forno già caldo a 200°C.

domenica 17 aprile 2016

Panpizza con cipolle e melanzane


Alcuni sapori rimangono nella memoria, ancorati come fossero scolpiti tra le papille gustative. Il panpizza con la cipolla è uno di quelli. L'odore è decisamente cipollino ma quando lo si assapora, specialmente caldo, un momento di piacere puro pervade il palato e arriva fino alla punta dei piedi, facendo riaffiorare voci e suoni dell'infanzia, l'odore freddo dell'aria e il tepore avvolgente di cucine indaffarate.


Farina sabina
Acqua per sciogliere il lievito
Melanzane grigliate e lasciate in olio e poco aglio per almeno un giorno
Cipolla dorata o bianca
Lievito di birra fresco
Sale grigio di Bretagna
Olio extravergine di oliva, se possibile quello di qualche conserva sottolio, quali i lampasciuni, o cipolline selvatiche dell'Agriturismo Le Farnie


Tagliare a pezzettini sottilissimi, ma non tritare, una cipollotta di medie dimensioni, impastarla insieme alla farina e al lievito di birra. Porre in un recipiente, coprire con la carta pellicola e con una coperta, far lievitare a lungo, almeno 6-8 ore. Impastare di nuovo con l'olio in abbondanza e i pezzetti di melanzana a creare un tortiglione irregolare, lasciar riposare in teglia, aggiungere sale grigio di Bretagna e infornare in forno già caldo a 180°C-200°C fino a cottura.


sabato 16 aprile 2016

Ciambellotto con Chianti rosso


Il ciambellone, o ciambellotto, è uno tra i dolci più tipici del Centro Italia. Generalmente a base di farina, uova, zucchero e varianti tra latte, vino, acqua, olio extravergine o burro, è una di quelle preparazioni che non possono mai mancare sulla tavola di una colazione importante o di una merenda coi fiocchi.
Questa ricetta unisce alla pizza di magro mentanese, suggestioni personali e il sapore deciso del Chianti rosso, nella versione di vino Rosso della Cantina Sociale di Colle di Val D'Elsa, nella provincia di Siena.


300 gr. di farina sabina
200 gr. di zucchero Eridania
1 bustina di lievito Paneangeli
100 g. di vino rosso della Cantina Sociale del Chianti di Colle Val D'Elsa
100 gr. di burro, meglio se d'alpeggio
Zucchero per la crosticina
Burro e farina o cartaforno per la tortiera
2 uova


Impastare tutti gli ingredienti con lo sbattitore e aggiungere quasi all'ultimo il lievito. Imburrare la teglia o foderarla con la carta forno, cospargere la superficie con zucchero semolato per fare la crosticina, non troppo. Infornare in forno già caldo a 180°C per circa 30'-35'.

venerdì 15 aprile 2016

Agnolotti con vitella, arance e scarola


Dire che l'ambiente in cui viviamo, il nostro territorio, deve essere protetto non vuol dire soltanto pretendere che vengano messe in pratica le più semplici regole della convivenza e della convenienza, significa anche e soprattutto difendere la propria cultura, la propria storia.
Questo è particolarmente vero in Italia, un luogo talmente ricco di biodiversità da essere al primo posto nelle classifiche mondiali, seguito, con numeri infinitamente più piccoli, da Paesi di dimensioni molto più grandi, quali gli Stati Uniti o il Brasile.
La diversità, le differenze, si riscoprono cucinando, mescolando gli ingredienti, anche i più semplici, con la consapevolezza e la creatività che caratterizzano la assoluta unicità dell'Italia rispetto a tutti gli altri Paesi.
In questa ricetta l'aroma intenso e delicato degli agrumeti siciliani incontra la sapidità morbida della carne di vitello abruzzese, in una pasta fresca tipica del Nord Italia.


Farina
Uova
Ricotta Santa Lucia
Pangrattato


Impastare la farina con le uova, stendere la sfoglia a mano o con la macchina a manovella al penultimo buco. Nel mixer tritare lo spezzatino con la ricotta e con il pangrattato per addensare il ripieno, riempire quadrati non troppo grandi di sfoglia con il ripieno e sigillare con la rotella o con la forchetta, lessare in abbondante acqua salata e servire con un condimento di olio e parmigiano.


giovedì 14 aprile 2016

Agnolotti con vitella e semi di finocchiella selvatica


Gli agnolotti, tipica pasta ripiena piemontese, è una di quelle tipicità dei giorni di festa la cui ricetta è fondamentalmente impossibile da codificare in modo universale. Nasce come forma creativa e molto gustosa di rielaborare gli avanzi, ove ce ne fossero stati, dell'arrosto e dello stufato. Un modo come un altro per mettere in pratica quella straordinaria capacità tutta femminile di moltiplicare il cibo anche quando c'è scarsità di materie prime. Questa ricetta riprende il principio che pare abbia ispirato la versione originale unendo alla tipicità piemontese l'aroma fresco della finocchiella selvatica siciliana e il sapore delicato e deciso della carne bovina abruzzese.


Uova
Farina
Ricotta Santa Lucia


Impastare la farina con le uova, stendere la sfoglia a mano o con la macchina a manovella al penultimo buco. Nel mixer tritare lo spezzatino con la ricotta, riempire quadrati non troppo grandi di sfoglia con il ripieno e sigillare con la rotella o con la forchetta, lessare in abbondante acqua salata e servire con un condimento di olio e parmigiano.

mercoledì 13 aprile 2016

Pizzottelle al latte con cotognata e cannella


La cotognata è una di quelle preparazioni tradizionali che sembrano evocare ricordi antichi, merletti e trine. Ottima da mangiare così, è perfetta quale base per gustose preparazioni dal sapore insolito, anche abbinata ad ingredienti salati. In questa ricetta, la cotognata biologica dell'Agriturismo Le Farnie si tuffa in un impasto morbido e denso, unendosi alla golosità del burro e all'aroma intenso della cannella.


Acqua
Farina sabina
Lievito di birra fresco
Patate lesse
Latte
Olio extravergine di oliva
Cotognata
Burro
Cannella in polvere
Zucchero


Impastare la farina con le patate lesse sfrante, il lievito di birra sciolto in acqua tiepida e il latte. Far lievitare. Creare delle palline da mettere nella teglia per i muffin coperta con carta forno, tuffarci dentro pezzettini di cotognata e di burro, richiudere, spolverare con cannella, zucchero e un velo leggerissimo di burro. Infornare in forno già caldo a 180°C-200°C fino a cottura. Servire caldi per gustare appieno la dolcezza del ripieno

martedì 12 aprile 2016

Ravioli con ricotta e canestrato al profumo di zagara



Questa ricetta è ispirata alla ricotta morbida tipica dei Monti Iblei, che abbracciano e proteggono la splendida città di Siracusa, e contiene in sé l'aroma dolcissimo dell'acqua d'arancia, quella che si utilizza per la pastiera napoletana e che inevitabilmente fa pensare alle enormi distese di aranceti che arricchiscono il Mezzogiorno inondando lo spazio olfattivo di dolcissime note amarognole. Il pecorino canestrato fresco dell'Abruzzo dà corposità al composto, creando il giusto mix tra dolce e salato, perfetto per una proposta sfiziosa o per un pranzo importante quale elemento per stupire gli ospiti.


Uova
Farina sabina
Ricotta dei Monti Iblei oppure, Santa Lucia Galbani
Acqua di fiori d'arancio per pastiera



Impastare uova e farina, tirare la sfoglia a mano oppure con la macchinetta al penultimo buco. Tritare nel robot da cucina la ricotta, il formaggio e qualche goccia di acqua di fiori d'arancio. L'ideale sarebbe utilizzare la ricotta dei Monti Iblei, che però non è facilissima da reperire al di fuori della provincia di Siracusa, per cui ci si può adattare con la ricotta Santa Lucia, tritandola nel robot per togliere consistenza. La ricotta dei Monti Iblei è affatto diversa da quella del Centro Italia, tipicamente soffice, è dunque morbida ma non molle. Riempire la sfoglia, chiuderla e sigillarla con la rotellina o con la forchetta. Lessare in abbondante acqua salata e servire con olio e parmigiano reggiano della Latteria sociale di Beduzzo Inferiore oppure friggere e servire con filetti di agrumi canditi, scagliette di cioccolato di Modica e zucchero a velo.

lunedì 11 aprile 2016

Ravioli con canestrato abruzzese, Pachino secchi, granella di pistacchio


“Il tricolore italiano quale bandiera nazionale – si legge sul sito istituzionale della Presidenza della Repubblica Italiana - nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, decreta "che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso, e che questi tre Colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti". Ma perché proprio questi tre colori? Nell'Italia del 1796, attraversata dalle vittoriose armate napoleoniche, le numerose repubbliche di ispirazione giacobina che avevano soppiantato gli antichi Stati assoluti adottarono quasi tutte, con varianti di colore, bandiere caratterizzate da tre fasce di uguali dimensioni, chiaramente ispirate al modello francese del 1790.
E anche i reparti militari "italiani", costituiti all'epoca per affiancare l'esercito di Bonaparte, ebbero stendardi che riproponevano la medesima foggia. In particolare, i vessilli reggimentali della Legione Lombarda presentavano, appunto, i colori bianco, rosso e verde, fortemente radicati nel patrimonio collettivo di quella regione:: il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell'antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1782, le uniformi della Guardia civica milanese. Gli stessi colori, poi, furono adottati anche negli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati delle terre dell'Emilia e della Romagna, e fu probabilmente questo il motivo che spinse la Repubblica Cispadana a confermarli nella propria bandiera. Al centro della fascia bianca, lo stemma della Repubblica, un turcasso contenente quattro frecce, circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi”.
Questo è quanto è scritto sul sito del Quirinale eppure nella cucina italiana il bianco, il rosso e il verde sono indissolubilmente legati al Sud dell'Italia, tanto che la più famosa, e peraltro insignita del riconoscimento di prodotto tipico, pizza italiana è la pizza Margherita, creata da un pizzaiolo napoletano in onore della Regina Margherita di Savoia con gli ingredienti più tipici e caratteristici del Mezzogiorno d'Italia: la mozzarella, il pomodoro e il basilico. Si potrebbe obiettare che il pomodoro non è autoctono, e questa sarebbe un'ottima obiezione a cui si potrebbe rispondere con una sferzante battuta di un geniale politicante italiano, Giulio Andreotti, che ebbe ad affermare, in merito alla questione immigrazione che “a Roma è capitato soltanto una volta nella storia che vi fossero due romani originari di Roma: si chiamavano Romolo e Remo e si uccisero tra loro”.
Si potrebbe pensare che la scelta di tre colori abbia anche qualche attinenza alla religione predominante nel periodo in oggetto sul suolo italiano, il cattolicesimo, che indica nell'unità trinitaria un mistero della fede, ma questa è un'altra storia. Certo è che quando si pensa al BelPaese si fa spesso riferimento al Centro, al Nord e al Sud, quasi fossero entità distinte e non parti della medesima identità fondata sulla differenziazione microscopica di usi, costumi, dialetti e cibo che caratterizza la più grande ricchezza italiana, Paese minuscolo per estensione con la maggiore biodiversità sul Pianeta.
In questa ricetta i tre colori della bandiera italiana, racchiusi nella sfoglia tirata 'all'emiliana', vengono simboleggiati dal verde della granella di pistacchio, dal rosso del pomodorino essiccato al sole del Sud e dal pecorino canestrato abruzzese, il formaggio preparato con latte di pecora munto in primavera e messo in forma in piccoli cesti, che conferiscono alla buccia la tipica striatura da canestro.


Uova
Farina sabina
Pomodorini secchi di Pachino
Granella di pistacchio biologica
Pecorino canestrato fresco



Impastare farina, uova e tuorli per conferire un colore più giallo e maggiore elasticità alla sfoglia. Passarla nella macchinetta fino al penultimo buco oppure stenderla a mano sottile ma non trasparente. Preparare un trito con i pomodorini secchi, grattugiare il formaggio julienne, aggiungere la granella, mischiare e mettere il composto nella sfoglia, chiuderla e sigillarla con la rotellina o con la forchetta. Cuocere in abbondante acqua salata, servire con olio e petali di pecorino canestrato stagionato.

domenica 10 aprile 2016

Spezzatino ai sapori di Sicilia



La Sicilia è una chimera, una sirena che irretisce chiunque la conosca in una spirale di bellezza, aromi, profumi, sapori, arte, suoni e cultura. Si parla tanto del mal d'Africa, di quel senso di nostalgia che attanaglia i cuori e le menti di chi è stato nel Continente Nero e poi torna nel cosiddetto Occidente. Può essere che esista davvero, certo è che qualcosa di molto simile accade anche a chi si avventura nell'Isola a tre punte. Questa ricetta si ispira ai colori e alla dolcezza di sapori unici.

Spezzatino di vitellone abruzzese
Olio extravergine di oliva Sabina D.O.P. o di sasso dei Monti Lucretili
Sale
Aglio fresco dei Monti Iblei
Arance siciliane novelle
Bacche di ginepro
Chiodi di garofano, pochi
Acqua e limone
Carruba, una punta
Infuso di ginepro, semi di finocchiella selvatica, timo, menta fresca
Cannella piccantina siciliana, un pezzetto
Aglio, uno spicchio
Scarola


Porre in una pentola di acciaio la carne, possibilmente acquistata in un posto di fiducia, quale una macelleria abruzzese, mondata dai nervetti e dai pezzi di grasso più invadenti, insieme all'olio e all'aglio fresco. Sigillare e, una volta che ha esaurito il liquido, aggiungere arance siciliane novelle, se si ha la fortuna di averle non trattate, con tutta la buccia, dopo averla lavata accuratamente, altrimenti sbucciate e mondate dalla parte bianca, sale, qualche chiodo di garofano, pochi, bacche di ginepro, uno spicchietto d'aglio tagliato a fettine sottilissime, una puntina di carruba, un pezzettino di cannella siciliana piccantina, se non si ha quella piccantina meglio non metterla, far cuocere a fuoco basso coperto, quando il liquido è asciugato, aggiungere l'infuso leggero, cuocere a lungo a fuoco bassissimo, fino a che la carne non si sfilaccia, quasi a cottura ultimata lavare accuratamente e tagliare a pezzettini piccolissimi la scarola ed eventualmente qualche pezzettino di indivia riccia e aggiungerlo. Far finire di cuocere e servire su un letto di scarola appena sbollentata in acqua e succo d'arancia, con scorzette di arancia candita e zuccata, se si trova, ai lati.  

sabato 9 aprile 2016

Spezzatino con uva corvina e patate dei Monti Iblei


L'uva corvina è stata una vera scoperta. Largamente utilizzata in Sicilia e probabilmente anche nei Paesi dall'altra sponda del Mediterraneo, è un ingrediente meraviglioso per preparare piatti salati e conferire una punta di dolcetto che non è mai stucchevole o eccessiva, bensì gradevole e molto delicata. Conferisce ai piatti un aroma peculiarissimo, seppur non deciso, e soprattutto non predominante sugli altri sapori, si adatta bene, combinando le proprie caratteristiche prevalenti con gli altri ingredienti, senza punte di superbia o di prevaricazione che sono invece tipiche dell'uva passa.

Spezzatino di vitellone abruzzese
Olio extravergine di oliva Sabina D.O.P. o di sasso dei Monti Lucretili
Vino rosso in acqua (½ bicchierino di vino in un bicchiere da birra di acqua)
Sale
Noce moscata, pochissima
Vino rosso Chianti o simile
Patate dei Monti Iblei


Porre in una pentola di acciaio la carne, possibilmente acquistata in un posto di fiducia, quale una macelleria abruzzese, mondata dai nervetti e dai pezzi di grasso più invadenti, insieme all'olio e all'uvetta. Sigillare e, una volta che ha esaurito il liquido, aggiungere acqua e vino, sale, una spolveratina leggerissima di noce moscata appena macinata, far cuocere a fuoco basso coperto, quando il liquido è asciugato, aggiungere vino rosso, cuocere a lungo a fuoco bassissimo, fino a che la carne non si sfilaccia, quasi a cottura ultimata aggiungere le patate dei Monti Iblei pulite e tagliate a pezzettini, considerando che cuociono in minor tempo rispetto a quelle del Centro e del Nord Italia.  

venerdì 8 aprile 2016

Orecchiette salentine con pachino e pecorino canestrato fresco


"Passata è la tempesta:
odo augelli far festa, e la gallina,
tornata in su la via,
che ripete il suo verso. Ecco il sereno
rompe lá da ponente, alla montagna:
sgombrasi la campagna,
e chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
risorge il romorio,
torna il lavoro usato.
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
con l’opra in man, cantando,
fassi in su l’uscio; a prova
vien fuor la femminetta a côr dell’acqua
della novella piova;
e l’erbaiuol rinnova
di sentiero in sentiero
il grido giornaliero.
Ecco il sol che ritorna, ecco sorride
per li poggi e le ville. Apre i balconi,
apre terrazzi e logge la famiglia:
e, dalla via corrente, odi lontano
tintinnio di sonagli; il carro stride
del passeggier che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.
Sí dolce, sí gradita
quand’è, com’or, la vita?
Quando con tanto amore
l’uomo a’ suoi studi intende?
o torna all’opre? o cosa nova imprende?
quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
gioia vana, ch’è frutto
del passato timore, onde si scosse
e paventò la morte
chi la vita abborria;
onde in lungo tormento,
fredde, tacite, smorte,
sudâr le genti e palpitâr, vedendo
mossi alle nostre offese
folgori, nembi e vento.

O natura cortese,
son questi i doni tuoi,
questi i diletti sono
che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
è diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
che per mostro e miracolo talvolta
nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
prole cara agli eterni! assai felice
se respirar ti lice
d’alcun dolor; beata
se te d’ogni dolor morte risana."


Giacomo Leopardi, La quiete dopo la tempesta, Canto XXIV, tratto dall'edizione dei Canti a cura di Alessandro Donati, pubblicata nel 1917 da Giuseppe Laterza e figli, Bari. da Wikisource

Il canto, in tre strofe libere di endecasillabi e settenari, è particolarmente adatto a commentare i temporali primaverili, preludi ai rinfrescanti acquazzoni estivi, che tempestano il cielo di aprile, minacciando lampi, tuoni e saette che poi lasciano un varco ancor più profumato e tiepido nelle coloratissime giornate di Primavera, in cui è impossibile non farsi tentare dalla voglia di mangiare qualcosa di fresco e leggero, come queste orecchiette in cui la dolcezza calda del pomodoro di Pachino si combina con la struttura non invadente del pecorino canestrato fresco.

Orecchiette salentine
Olio extravergine di oliva
Sale
Pecorino canestrato fresco
Pomodorini di Pachino
Origano siciliano
Acqua
Carruba


Lessare le orecchiette in abbondante acqua salata, nel frattempo preparare un sughetto fresco con un soffritto leggero con un pezzettino di carruba, olio e acqua, aggiungere i pomodorini tagliati, salare, aggiungere l'origano e far cuocere brevemente a fuoco vivace. Nel frattempo lessare in abbondante acqua salata le orecchiette salentine, scolare, saltare in padella col sughetto e spolverare con una julienne di pecorino canestrato, spadellare.  

giovedì 7 aprile 2016

Spezzatino con semi di finocchiella selvatica siciliana



I semi di finocchio sono largamente utilizzati nella cucina, soprattutto nelle ricette a base di carne, è bene però notare che vi sono delle differenze molto nette tra i semi di finocchio e i semi di finocchiella selvatica che si trova nelle isole maggiori, dove il caldo del sole e l'aria di mare conferiscono un aroma del tutto particolare. Se abbinate a carne genuina, possibilmente abruzzese, il risultato è di una freschezza adattissima anche ai climi estivi e primaverili.


Spezzatino di vitellone abruzzese
Olio extravergine di oliva Sabina D.O.P. o di sasso dei Monti Lucretili
Sale
Acqua e Tintura imperiale dei frati camaldolesi dell'Abbazia di Casamari (un dito di tintura in un bicchiere d'acqua)
Bacche di ginepro
Patate (poche, da sfrangere durante la cottura per dare cremosità al sughetto)
Infuso di ginepro, semi di finocchiella selvatica, timo, menta fresca


Porre in una pentola di acciaio la carne, possibilmente acquistata in un posto di fiducia, quale una macelleria abruzzese, mondata dai nervetti e dai pezzi di grasso più invadenti, insieme all'olio e ai semi di finocchiella selvatica. Sigillare e, una volta che ha esaurito il liquido, aggiungere acqua e tintura imperiale, antichissima ricetta a base di anice stellato, sale, bacche di ginepro, qualche patata a pezzettini da sfrangere in cottura, far cuocere a fuoco basso coperto, quando il liquido è asciugato, aggiungere l'infuso leggero, cuocere a lungo a fuoco bassissimo, fino a che la carne non si sfilaccia.  

mercoledì 6 aprile 2016

Spezzatino con Pachino secchi



Viaggiare è una disposizione dello spirito, un modo come un altro per conoscere e apprendere qualcosa di nuovo e ricordare antichi saperi della memoria storica che per qualche motivo inspiegabile si riattiva nelle forme più impensate anche a distanza di secoli. Tra le prime forme di conoscenza vi è sicuramente quella collegata ai sensi e alle estensioni degli stessi. Il gusto di semplici ingredienti è un modo tra i tanti per capire ciò che nei libri di storia viene taciuto, la storia delle cucine e delle donne italiane, quella delle persone che costruiscono l'identità di un Paese. La base primaria della cucina italiana è la genuinità e 'località' degli ingredienti fondamentali utilizzati per preparare piatti semplici e gustosi oppure complessissimi e molto elaborati, non c'è da stupirsi se per preparare questa ricetta è importante che i pomodori, sia secchi che crudi, provengano dalla provincia di Siracusa, perché quelli di Pachino hanno un sapore, una consistenza e un aroma completamente differente se acquistati nel siracusano oppure in qualunque altra provincia italiana, che i capperini siano isolani, altrimenti sarà meno saporita e bisognerà arricchirla con spezie, erbe aromatiche e altri accorgimenti, quali aggiungere aglio di Sulmona, e cipolla dal sapore deciso ma non coprente, quale la rossa di Tropea, si potrebbe inoltre aggiungere del pesto di pomodorini secchi, ma è palese che il sapore cambierebbe in modo determinante, pur mantenendone la freschezza e la dolcezza.

Spezzatino di vitellone abruzzese
Olio extravergine di oliva Sabina D.O.P. o di sasso dei Monti Lucretili
Vino rosso in acqua (½ bicchierino di vino in un bicchiere da birra di acqua)
Sale
Pomodorini Pachino secchi
Peperoncino di media piccantezza
Pepe nero
Origano siciliano
Capperini siciliani
Pomodori di Pachino freschi
Olive nere


Porre in una pentola di acciaio la carne, possibilmente acquistata in un posto di fiducia, quale una macelleria abruzzese, mondata dai nervetti e dai pezzi di grasso più invadenti, insieme all'olio e ai pomodorini secchi tagliati a listerelle sottilissime. Sigillare e, una volta che ha esaurito il liquido, aggiungere acqua e vino, sale, una spolveratina di pepe nero appena macinato, un peperoncino piccolo o un pezzettino di peperoncino di media piccantezza così da non far risultare il composto troppo piccante, origano siciliano, capperini siciliani, far cuocere a fuoco basso coperto, quando il liquido è asciugato, aggiungere i pomodori freschi tagliati in due o in quattro e lievemente salati, far cuocere a fuoco bassissimo sempre coperto, se necessario, quindi se il liquido è completamente asciugato, aggiungere altri pomodorini, cuocere a lungo, fino a che la carne non si sfilaccia, quasi a fine cottura aggiungere olive nere al forno, dopo averle mondate dal nocciolo.