Focaccia ripiena con
bieta, patate e straccetti di bufala
L’arte contemporanea è da moltissimi anni ormai totalmente
scollegata dalla realtà di cui potrebbe essere uno specchio critico e che
potrebbe rappresentare, esprimendo magari qualche forma di specifica
originalità che, magari, allo sguardo quotidiano sfugge.
Il pubblico esulta per la riapertura di una mostra permanente
e il sistema dell’arte contemporanea svilisce le aspettative, proponendo
assemblaggi di autoreferenzialità. Da troppo tempo l’arte guarda soltanto al
circoletto ristretto di persone che ‘comprendono’ e quindi hanno mercato.
È un vero peccato, un’occasione perduta, un segno della
mancanza di capacità creativa o della eccessiva specializzazione che fa
presumere che chiunque sia competente in ciò che sta facendo se altri, ritenuti
competenti da persone ‘del giro’, affermano che lo sia. In questo si può dire
che l’arte abbia un suo peculiare rapporto col reale e contestualmente si
dovrebbe affermare che forse ci invita a ripensare il reale. Eppure molte
persone stanno ripensando, ricreando, ri-agendo il reale in modo completamente
differente da come si pensava fino a qualche anno fa. Se negli anni ’70 una
persona dal futuro avesse detto ai giovani in jeans e gonna fiorata che i
giovani del ventunesimo secolo si sarebbero appassionati di Risorgimento e
pasta fatta in casa, avrebbero riso. Eppure oggi è tutto un fiorire di barbe e
capelli risorgimentali, di idee di libertà e di senso della giustizia, tutto un
riscoprire sapori e saperi antichi. Oggidì un bravo artigiano o un bravo
contadino è considerato con molto più rispetto di un travet o di un politico,
cosa impensabile fino a qualche anno fa. Inimmaginabile. Saper fare è un
processo artistico, un momento rivoluzionario e l’artigianato è un atto
artistico politicamente molto forte e significativo. Molto più delle opere di
arte contemporanea esposte in musei e gallerie, purtroppo. Non tanto perché un
artigiano non abbia diritto alla sua dignità artistica, bensì perché vuol dire
che, per l’ennesima volta, è la generazione, la classe che agisce, che fa
concretamente quella che esprime il cambiamento e il rinnovamento e questa
classe, la vera classe creativa europea, è certamente quella che vive con
maggior indignazione, quando i suoi componenti sono privi di sudditanza del
pensiero, il decadimento del sistema arte nel suo complesso e la mancanza
assoluta di capacità creativa nella società nel suo complesso. Non è un caso se
in Italia le rivoluzioni, quelle vere, quelle che hanno cambiato le sorti di un
Paese bello e impossibile le hanno fatte i carbonari e i muratori.
Questa ricetta riprende l’antica usanza contadina di cuocere
la pizza con le verdure per sentire se il forno a legna per il pane era
abbastanza caldo.
Farina
Acqua
Lievito di birra
Sale grigio di Bretagna
Olio extravergine di oliva
Bieta
Patate
Stracciatella di bufala La Bottega del Casaro
Aglio rosso di Sulmona del Parco Nazionale del Gran Sasso e
Monti della Laga
Gomasio
Mettere a lievitare l’impasto per la focaccia con acqua,
farina e lievito. Far lessare la bieta lavata e le patate intere, quindi
scolarle. Pelare le patate. Quando è lievitata, stendere l’impasto in una
teglia oliata in una sfoglia alta, di circa un centimetro, tale per cui il
liquido non coli, si possa bruscare sotto e rimanere morbida all’interno.
Condirla con patate, bieta, aglio tritato, sale, olio, gomasio, stracciatella,
quindi coprirla con un altro strato di focaccia ben più sottile, forare la
superficie con una forchetta se il disco superiore è compatto, cospargere con
gomasio e infornare in forno ben caldo a 200°C o 220°C per il tempo necessario
a farla dorare senza bruciarla.