L'identità
culturale italiana, e parzialmente anche europea, ha una peculiarità
che la caratterizza e che è al contempo un punto di forza enorme e
di debolezza straordinaria, la capacità di creare minuziose
variazioni di qualcosa che potrebbe essere un semplice atto della
vita quotidiana fino a raggiungere altissime vette di creatività ed
espressioni sublimi in capolavori assoluti dell'arte e di generale e
diffusa bellezza anche nelle più piccole cose. Il medesimo
atteggiamento, evidentemente, porta a volte alla convinzione,
largamente condivisa nel BelPaese e in molti Paesi europei, che la
leopardiana siepe del proprio orticello sia anche il limite estremo
del mondo conosciuto, dello scibile umano e, fondamentalmente delle
terre emerse, sommerse e disperse nei più oscuri meandri della
materia stellare. Questo duplice atteggiamento si ritrova nella
fondamentale disattenzione per ciò che accade oltre quella famosa e,
grazie al grande poeta di Recanati, eterna siepe. Se molto si discute
sui destini incrociati dell'Unione europea, sulle politiche, le
alleanze e le normative che peraltro appaiono spesso molto distanti
dall'orticello personale, non foss'altro che per la necessità di
adeguarsi a determinati standard per ottenere talune certificazioni,
molto poco si parla e si conosce di tutto ciò che accade oltre la
sponda settentrionale del Mediterraneo. Da qualche anno è entrato
nel linguaggio comune un ipotetico gruppo di Paesi emergenti che
economicamente potrebbe richiedere lo sforzo immane di alzare lo
sguardo oltre la famosa siepe per non vederla rinsecchire fino alla
scomparsa in un battibaleno. B.rasile, I.ndia, C.ina, S.udafrica
vengono accomunati in una sigla che ha una minacciosa assonanza con
la parola inglese 'trick', scherzetto, brutto tiro. Da qualche tempo
si parla con terrore di potenziali accordi euro-statunitensi su
settori quali l'agro-alimentare ma niente, o quasi, si conosce della
gran quantità di patti, alleanze, accordi, trattati tra i Paesi dei
sette continenti, o cinque per chi è affezionato ai libri di
geografia e alle mappe di spessa carta appese nelle scuole pubbliche
italiane. I sette continenti sarebbero:
- Africa: con 54 Stati,
- Antartide che in base al Trattato Antartico appartiene ad alcun Paese ma 7 nazioni hanno parte del proprio territorio in prossimità se non proprio all'interno di esso e altri 4 avanzano rivendicazioni territoriali,
- Asia: che sono 49, di cui 1 geograficamente asiatico e amministrativamente europeo, 3 transcaucasici talvolta considerati europei, 3 con territorio asiatico ed europeo,
- Europa: che comprende 50 Stati di cui 1 geograficamente asiatico, 3 su territorio asiatico ed europeo, 3 transcaucasici a volte considerati europei ,
- Nordamerica che comprende circa 41 Stati,
- Oceania: che comprende 14 Stati, suddivisi in 4 macroregioni, 2 Stati associati, 18 territori associati che fanno parte di 6 Stati su 3 continenti,
- Sudamerica: che comprende 15 Stati.
Esistono
modelli a sei continenti, in cui Europa e Asia sono Eurasia; a cinque
continenti, che o uniscono Europa e Asia nell'Eurasia e le Americhe,
oppure uniscono le Americhe e non considerano l'Antartide come
continente; a quattro continenti, che o uniscono Europa, Africa e
Asia in Eurafrasia, oppure considerano il Continente Antico, Nuovo,
Nuovissimo e Recente.
È
dunque palese che immaginare l'Europa unita quale primaria
possibilità di accordo tra Stati per la creazione della pace e
considerare l'ONU quale lontanissimo strumento per cercare di non
distruggere il Pianeta è qualcosa che potrebbe non essere la
soluzione più adatta a mantenere gradevole e folta la siepe
dell'orticello di ognuno. È vero che il sogno dell'Europa unita ha
impiegato quasi trecento anni prima di poter essere messo in pratica,
ma è anche vero che sussistono ragioni politiche, storiche e
culturali che potrebbero far immaginare un'Unione più ampia, solida
e concreta tra Paesi che hanno caratteristiche in qualche misura
amministrativamente e politicamente assimilabili in forme di unione
sovranazionale e transnazionale sempre più forti e complesse che
includano Paesi e Stati 'like-minded', lasciando, al contempo,
maggiore indipendenza e libertà ai territori che da decenni, se non
da secoli, lottano per l'irredentismo.
Questo
tipo di unione presupporrebbe, ovviamente, una forma di democrazia
molto limpida e solida e soprattutto grandi competenze da parte di
chi dovrebbe poi amministrare le organizzazioni preposte alla
gestione amministrativa e politica di tale unione, ispirandosi a
tutto il buono che è stato costruito all'interno e con altre
organizzazioni e apprendendo dagli errori da non reiterare.
Nel
centoquarantaseiesimo anniversario della liberazione di Roma questa
ricetta, in cui sapori asiatici, europei, medio-orientali, dunque
africani, e americani si uniscono a creare un insieme armonioso ,
semplice e delicato è ispirato ai sogni realizzabili, alle idee di
libertà e alle pratiche di pace, nonché agli universi di senso di
ogni singola siepe di ogni orticello meraviglioso nella propria
peculiarità.
Pasta fillo
Taleggio
abruzzese di capra, La Camoscina
Miele
biologico di acacia
Olio per
oliare e spennellare
Oliare la
teglia, disporre la pasta fillo nel modo consueto per creare la pita
o il burek, tagliare a pezzettini il formaggio, riempire la pasta
fillo nel modo consueto per la pita e il burek. Quindi spennellare
con l'olio e infornare in forno già caldo a 180°C o 200°C. Servire
appena sfornato con qualche goccia di miele di acacia ed
eventualmente con timo fresco.
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