mercoledì 9 novembre 2016

Arrosto di tacchino al forno

Arrosto di tacchino al forno

Le elezioni statunitensi hanno dimostrato, per l’ennesima volta, che la democrazia a stelle e strisce è ampiamente sopravvalutata. Si pensa infatti che la vittoria di un candidato sia espressione di tale forma della compiuta realizzazione pratica di tale forma di organizzazione politica. L’idea in sé non sarebbe sbagliata ma, al solito, è sbagliata l’applicazione pratica di tale idea. Non c’è niente di democratico in un Paese con un livello culturale medio non particolarmente alto e infatti il presidente eletto degli Stati Uniti è una persona che ha condotto la propria campagna elettorale con un linguaggio comprensibile anche a chi non capisce l’inglese. In momenti clou egli tirava su col naso in modo talmente fastidioso da far svegliare anche chi fosse stato comodamente appisolato in poltrona oppure di attirare l’attenzione anche di fosse stato in altre faccende affaccendato. Durante i dibattiti non ha smesso di pronunciare la parola ‘disaster’, traducibile in italiano con ‘macello’, ‘casino’, ovvero la sconsolata constatazione della scelleratezza delle azioni di politicanti per lo più distanti dalle reali esigenze del Paese da parte della maggior parte delle persone. Egli ha affermato di ‘non aver mai potuto immaginare sé stesso in qualità di politico’, marcando sensibilmente l’accento sulla parola con lo stesso disprezzo di chi stesse pronunciando un’offesa, un insulto. Incessantemente, costantemente, ha recitato la parte del grande uomo d’affari scaltro e di successo, greve e gretto che se ne frega della politica ma che ha deciso di fare la concessione di candidarsi perché proprio non se ne poteva più di questi politicanti. Non è un sentimento di anti-politica, è molto peggio, è enorme capacità comunicativa unita a fortissimo disprezzo per le istituzioni. I peggiori dittatori hanno avuto tali caratteristiche, straordinaria capacità comunicativa e disprezzo per le istituzioni e per lo Stato. I commentatori, i giornalisti e i politici sono stati a guardare, pensando che la donna che dava il senso di essere una buona madre e una persona assennata potesse avere maggiore presa sull’elettorato e invece le sue parole trascorrevano morbidamente sullo schermo, passando inosservate alle orecchie di chi, come molti statunitensi, non conosce bene l’inglese o di chi, come molti statunitensi, è assuefatto alla continua presenza della televisione accesa nella propria casa e rapidamente perde la concentrazione se non è richiamato da suoni atavici, fastidiosi e sgradevoli o semplicemente forti e insoliti.
Chi ha vinto in queste elezioni presidenziali non è stato un candidato o una lobby, bensì una comunicazione fondata su suoni atavici e gutturali, versi che esprimono un’universalità del linguaggio che apre nuove possibilità di comunicazione.
Questa ricetta è ispirata agli istinti primari degli statunitensi.

Arrosto di tacchino
Vino bianco
Bacche di ginepro
Timo
Timo citronella
Rosmarino
Salvia fresca
Menta fresca
Sale grigio di Bretagna
Olio extravergine di oliva
Cipolla fresca
Aglio rosso di Sulmona dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Acqua
Latte


Lavare le erbe aromatiche, affettare aglio e cipolla, mettere il tacchino nel vino per qualche ora girandolo di quando in quando. Quindi versare l’arrosto e il liquido di ammollo in una teglia, spennellare la parte che resta fuori dal liquido con olio extravergine e infornare in forno caldo a circa 160°C o 180°C fino a cottura, dopo circa un paio d’ore o poco più.  Lasciarlo freddare. Affettarlo in fette di circa 1 centimetro e mezzo, lasciarlo ammorbidire per almeno una notte nel liquido di cottura rimasto a cui è stato aggiunto del latte intero, quindi scaldare e servire. 

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