mercoledì 16 agosto 2017

Conserva di pomodoro con odori di montagna mediterranea per cucinati

Conserva di pomodoro con odori di montagna mediterranea per cucinati

In qualunque paesino italiano che non sia un semplice quartiere dormitorio di una grande città la domanda ‘de chi si fijo?’, intendendo con questa espressione dialettale la parentela in senso più che ampio che potrebbe trovare ramificazioni fin nella notte dei tempi, è un modo come un altro per decidere se l’interlocutore meriti o meno attenzione e se vi sia una qualche forma di collegamento territoriale.
Una volta stabilito che effettivamente c’è una qualche parentela con gli oriundi, si cerca di rimestare nella memoria di narrazioni farcite di soprannomi, storielle più o meno inventate, odori e suoni di remote e talvolta remotissime infanzie, per avere un’idea della persona e per decidere se sia o meno il caso di offrire un caffè, un dolcetto o semplicemente del tempo per chiacchierare e conoscersi meglio, ma soprattutto per definire l’eventuale livello di identità locale e di possibile ‘appartenenza’ alla storia, alla memoria del paesino e delle terre che lo circondano.
Una volta stabilito con un buon margine di esattezza alberi genealogici di cui talvolta gli stessi interpellati non hanno conoscenza e fatti i dovuti paragoni nel modo di parlare o di apparire così da individuare il lontano o lontanissimo parente cui si dovrebbe o potrebbe somigliare ecco che si scatenano i paragoni e comincia la conversazione.
In un Paese con una tale cultura è quasi ovvio che viga il diritto di consanguineità per quanto concerne la cittadinanza legale e la proposta di un diritto di cittadinanza collegato al luogo di nascita e residenza è questione complessa che, infatti, sta incontrando molte difficoltà nel cammino normativo.
L’essere considerati cittadini di uno Stato perché un certificato dimostra che si è nati in quel luogo, che si sono frequentate le scuole in quel luogo, perché si parla quella lingua e si conoscono le usanze presuppone la percezione popolare dello Stato di diritto ovvero che il senso di appartenenza ad una Nazione dipenda in primo luogo dalla cittadinanza attiva, dalla partecipazione alla vita civile e dunque vuol dire dar credito alle istituzioni che rappresentano lo Stato quali enti preposti alla definizione dell’esistente e della narrazione dell’esistente.
Se nella cultura popolare italiana si potrebbe eventualmente accettare che un atto scritto possa certificare qualcosa, il senso di appartenenza, la cittadinanza attiva è considerata ancor oggi qualcosa che afferisce alla sfera della narrazione condivisa, finanche del pettegolezzo ma soprattutto di quei legami familiari che costituiscono la Nazione.
Ovviamente il discorso cambierebbe alquanto se lo Stato fosse più presente sui territori non quale entità di cui diffidare bensì quale elemento fondamentale per stare bene insieme, per condividere i momenti importanti del paese, della comunità di riferimento, ecc. A questi aspetti, però, solitamente pensano le chiese, di qualunque confessione con una predilezione per quella cattolica e, se è possibile trovare un campanile in ogni paesino, non è altrettanto facile trovare un luogo in cui lo Stato esprima la propria essenza partecipativa, senza contare il disamore profondo della cittadinanza nei confronti della Politica, che troppo spesso in Italia è politichetta da corrotti e corruttori.
Questa ricetta, che unisce tradizioni territoriali differenti, è ispirata alla bellezza della partecipazione.

Pomodori ben maturati sulla pianta
Sale di roccia siciliano
Olio extravergine di oliva
Rosmarino fresco
Ginepro bacche
Timo fresco


Lavare bene i pomodori, tagliarli a pezzettoni, porli nella pentola d’acciaio con olio e sale. Lavare gli odori, metterli nell’insaporitore Ipac I genietti, chiuderlo bene, mettere nella pentola. Far bollire, togliere l’insaporitore e metterlo da parte, passare i pomodori col passaverdure, far ribollire il sugo, rimettendo dentro la pentola l’insaporitore, fino a che il sughetto sarà abbastanza denso. Versarlo nei barattoli molto ben puliti, lavati nella lavastoviglie ad alte temperature oppure bolliti, chiudere, porre in una pentola coperti d’acqua, dal momento in cui l’acqua bolle vivacemente far bollire per almeno 40’. Far intiepidire, quindi porre i barattoli a testa in giù per ulteriore controllo di chiusura. Riporre in dispensa. 

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