Conserva di sugo semplicissimo senza aglio e cipolla
Mazzini e
Garibaldi sono due eroi del Risorgimento italiano di straordinario carisma. Il
primo, sempre di nero vestito per esprimere il lutto per la patria oppressa,
scrisse parole sghimbesce e spinose che infiammarono gli animi, fecero
sollevare popolazioni, innalzare barricate e ancor oggi sono molto più che una
semplice fonte di ispirazione, piuttosto sono l’espressione della speranza per
il presente e il futuro delle società aperte e libere. Il secondo è il Generale
invincibile, colui che contro qualunque previsione e contro qualunque
pronostico fondato sulla logica riuscì a sbaragliare eserciti regolari, a
vincere battaglie a dir poco impari con scene da western leoniano, in cui la
superiorità numerica dell’avversario era spesso in rapporto di 10 a 1. Tutti e
due spiriti liberi, pensatori e avventurieri. Mazzini non è mai stato tagliato
per la guerra, non aveva il fisico adatto per tali evenienze, la sua salute era
cagionevole e dalle battaglie pugnate uscì più spesso in barella per improvvise
quanto violente febbri che sventolando trionfante il tricolore. Il suo coraggio
si è espresso con le parole, tanto pericolose e potenti da valergli varie
condanne a morte da parte di molti governi europei. Egli rischiava la sua vita
e quelle delle persone che lo seguivano usando l’arma più temuta da qualunque
totalitarismo: la penna. Garibaldi non riusciva a star fermo, era un
condottiero di prim’ordine, non venne mai, o quasi, fatto prigioniero e si
salvò sempre, riuscì sempre, o quasi, a vincere le battaglie con le armi più
temute da qualunque esercito ben organizzato: la furbizia di Ulisse unita al favore
popolare.
Si incontrarono
in Russia e le parole che usa il Generale nel descrivere quell’incontro sono
fortissime, soprattutto perché pronunciate da un ‘marino’, corsaro e
condottiero. Più dell’emozione provata da Colombo quando si trovò davanti l’America.
Cosa accadde in
quei momenti non è forse possibile descrivere in modo più efficace, più
assoluto, più schietto e sincero di come lo ha fatto, senza fare nomi e in poche
righe lasciate lì quasi fosse un’onda nell’oceano delle sue tante avventure, Garibaldi
nelle sue Memorie.
C’è da pensare
che il loro sia stato uno di quegli incontri tra uomini straordinari che
accadono rarissime volte, fatto di sguardi e comprensione profonda, le parole
di Mazzini, succulente more di pensiero tra rovi di ostico linguaggio, debbono
essere apparse prive della benché minima spina al Generale. Si guardarono,
forse, e si capirono, sicuramente, in un modo talmente profondo da cambiare
ineluttabilmente i destini patri.
Questa ricetta è
ispirata alla magia di quegli incontri che cambiano inspiegabilmente il corso
delle cose.
Pomodori ben
maturati sulla pianta
Olio
extravergine di oliva
Sale integrale
siciliano
Foglie di
cipolla, circa ½ per una pentola media
Basilico
Lavare i
pomodori, tagliarli a pezzettoni, porli in una pentola d’acciaio, aggiungere
olio, sale, foglia di cipolla, accendere il fuoco, girare bene, coprire e far
arrivare a bollore, far sobbollire per qualche minuto, quindi passare col
passaverdure, far bollire a fuoco medio basso senza coperchio fino ad aver
raggiunto una densità adatta, quasi a fine cottura aggiungere il basilico in
abbondanza. Versare nei barattoli o nelle bottiglie di vetro ben lavati e/o
sterilizzati, chiudere bene, metterli in una pentola sufficientemente grande a
contenerli, avvolgerli con stracci o separarli con cartone per evitare che si
rompano durante la bollitura, mettere sul fornello, riempire d’acqua facendo
attenzione a coprire i barattoli, coprire la pentola con un coperchio,
accendere il fuoco, far arrivare a bollore e dunque far bollire per almeno 30’
o meglio 40’. Spegnere il fuoco, far freddare e dunque posizionare a testa in
giù. Conservare in dispensa.
Nessun commento:
Posta un commento