domenica 6 agosto 2017

Pasta calamarata al forno

Pasta calamarata al forno


Emilio Salgari aveva vent’anni quando Garibaldi morì. Le sue avventure non erano certamente sfuggite agli occhi assetati di conoscenza del creatore di Sandokan, tant’è che l’abbinamento tra il Generale e la Tigre della Malesia risulta quasi immediato, non soltanto e non tanto leggendo i libri di storia, quanto scorrendo le Memorie autobiografiche di Giuseppe Garibaldi. Salgari sembra in taluni passi essere lì, a correggere le bozze di un libro lungamente distillato e dunque concluso in fin di vita nell’isola di Caprera, le sue parole, alcune sue espressioni e quel coraggio insolente, folle e vagamente anarchico del pirata più amato della letteratura di tutti i tempi, sembrano affiorare come spuma di onde nei ricordi del corsaro con la giubba rossa, il poncho e il cappelluccio. Il Generale scrive, molti affermano in modo mediocre, e il suo stile un po’ divertito e un po’ sghimbescio viene captato da Salgari, rielaborato e trasformato in meravigliosa letteratura fantastica. Certamente Garibaldi non era Manzoni eppure non era uno scrittore pessimo, anzi. Egli racconta come sanno fare i marinai, col ritmo della placida navigazione che si alterna all’impetuosità delle tempeste più perigliose, annoda i fili di storie e avventure con l’abilità con cui si crea un macramè fino ad ottenere un disegno semplice e complesso, fatto di pieni intrecciati strettamente e di vuoti che lasciano trasparire la luce calda del sole.
Molti sono gli episodi della vita di Garibaldi che potrebbero essere raccontati con la stessa forza fiabesca con cui sono scritti i più bei romanzi di Salgari, un uomo di terra che fondamentalmente immaginò tutto ciò che scrisse, lasciando la sua, e la nostra fantasia, viaggiare sui flutti impetuosi delle avventure al largo di Mompracem. Un altro elemento che accomunò la vita di questi due esploratori d’avventure fu la relativa povertà in cui vissero, il più anziano poté permettersi di acquistare una bella casa grazie ad un’eredità fraterna e il più giovane venne di fatto suicidato da datori di lavoro avidi, mediocri e incapaci di comprendere il genio.

Questa ricetta è ispirata alle più avventurose pagine della letteratura italiana e mondiale. 

Calamarata
Pomodori maturi
Olio extravergine di oliva
Sale integrale siciliano
Basilico
Cipollina fresca
Acqua
Mozzarella
Capperini dissalati
Olive a fette
Melanzane tonde
Pangrattato


Lavare le melanzane, tagliarle in fette di circa mezzo centimetro, salarle, metterle a strati in uno scolapasta con un peso sopra, ad esempio uno strato di carta pellicola con sopra una pentola piena di acqua fredda, così che possano tirar fuori l’acqua e l’amaro. Lasciarle sotto sale per qualche ora o per una notte intera. Asciugarle, tamponandole, con la carta assorbente, quindi friggerle in due dita di olio extravergine di oliva, farle scolare su carta assorbente. Lavare i pomodori, tagliarli grossolanamente, far scaldare l’olio con la cipollina tritata finemente, versarvi i pomodori, salare, far cuocere non troppo a lungo, passare col passaverdure, continuare a cuocere, fino ad ottenere un sugo non troppo denso, aggiungendo prima i capperi, le melanzane tagliate fritte tagliate a pezzetti e le olive e, a cottura pressoché ultimata, il basilico. Far bollire l’acqua, salarla, versarvi i calamarata, cuocere per circa ¼ della cottura indicata, scolare, far freddare sotto l’acqua fredda, condire col sugo in abbondanza e con la mozzarella sbriciolata con le mani, mescolare bene, porre in una teglia antiaderente leggermente oliata, coprire con altro sugo e quindi con una spolverata di pangrattato. Infornare in forno ben caldo a 180°C o 200°C fino a cottura ultimata, servire caldo, tiepido o a temperatura ambiente, a piacimento. 

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