Quante
strade deve percorrere un uomo
prima che
possa essere chiamato uomo?
La
risposta, amico mio sta soffiando nel vento
Così Bob Dylan, il menestrello statunitense delle battaglie civili, l'erede
spirituale e artistico di Woody Guthrie, cantava nel 1962. La
domanda, però, è rimasta a lungo nel vento ed è arrivata nello
spazio interstellare grazie a Douglas Adams, l'autore della “Guida
galattica per autostoppisti”, vero e proprio must read per
astronauti e astrofili, tanto da rappresentare la “Domanda
fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto” cui il
super-computer Pensiero Profondo dà la risposta '42'. Le teorie che
si sono sviluppate su questo numero sono innumerevoli, fantasiose e
spessissimo scientificamente validissime. Si parte dai calcoli di
numeri naturali in base 13 per arrivare al tempo che occorre alla
luce per attraversare il diametro di un protone di una particella
d'acqua durante la creazione dell'arcobaleno, equivalente a 10
elevato alla – 42 secondi. La risposta reale del perché l'autore
in questione abbia scelto il numero 42 la fornisce egli stesso: “ero
seduto alla scrivania, guardai fuori e scrissi '42', ecco tutto”.
Gli autostoppisti galattici hanno però continuato a immaginare che
le cose non fossero così semplici, al punto che l'astronauta
Samantha Cristoforetti ha chiamato Avamposto 42
il suo blog dalla ISS. A volte, però, le risposte sono davvero
semplicissime seppur possano sembrare estremamente complesse a chi ha
la capacità di ritenere vero e reale soltanto ciò che è spiegato
in modo complicato. Ma questa è un'altra storia. Non sarà forse il
42 la risposta che soffierà nel vento, potrebbe essere invece una
delle tante proposte di energia alternativa e verde al petrolio e
allo sfruttamento di fossili non rinnovabili su cui i ricercatori del
Pianeta stanno cercando delle risposte. Una disamina molto
interessante è stata proposta in un numero della rivista radicale
Diritto e Libertà, diretta da Mariano Giustino, ormai emigrato in
Turchia alla ricerca di venti di ribellione e protesta, e certamente
un bel quadro di quel che bolle in pentola nel settore della ricerca
è possibile averla durante le tante iniziative organizzate il 15
giugno durante la Giornata mondiale del Vento coordinata in Italia
dall'ENAV.
Questa
semplicissima ricetta è ispirata proprio dalla tendenza a rendere
scientificamente complesso qualcosa di semplice e naturale, come le
erbe spontanee con cui Madre Natura generosamente ci nutre.
Il
cardo selvatico è infatti una pianta spontanea, un po' difficile da
pulire, con splendidi fiori e foglie screziate di ostica bellezza,
che ha, tra i tantissimi effetti depurativi, un notevole effetto
diuretico ed è particolarmente indicato per depurare il fegato,
ghiandola di grandissime dimensioni il cui corretto funzionamento è
particolarmente importante per la salute del nostro corpo.
È
piuttosto saporito e adatto a tantissime ricette, tutto sta nel
riconoscerlo, tagliarlo in modo da non rovinare la pianta e pulirlo
nel modo giusto, saperi antichi che si tramandano di generazione in
generazione.
Cardi
selvatici
Vino
bianco
Sale
Menta
fresca
Aglio
Olio
extravergine di oliva di sasso dei Monti Lucretili o Sabina D.O.P.
Acqua
Pulire
i cardi rimuovendo le spine, sciacquarli poi togliere i filamenti più
duri dopo averli messi a bagno in acqua e limone, dunque tagliarli a
pezzetti di circa 3 o 4 cm di lunghezza, lavarli per bene. In una
padella far imbiondire uno spicchio d'aglio, aggiungere i cardi,
salare, aggiungere la menta fresca, far cuocere a fuoco vivace,
irrorare con vino bianco, far cuocere e dunque irrorare con acqua,
quasi a fine cottura aggiungere altre foglie di menta.
Nessun commento:
Posta un commento