Il 12 maggio
1820 a Villa Colombaia, a Firenze, nasceva una donna dal carattere
forte, indomito e ribelle da una famiglia britannica composta da
persone piuttosto agiate, molto colte e di idee alquanto libertarie,
che avevano cambiato il proprio cognome in 'Usignolo', tanto delicato
e raffinato era il loro animo. La bellezza della città toscana
incantò talmente i genitori da chiamare la piccola Florence, cui si
aggiunse ovviamente il cognome Nightingale, un nome che sarebbe
rimasto scolpito nella memoria di generazioni e generazioni di
persone. Indomita e instancabile, fu soprannominata 'la signora con
la lampada' perché fino a notte fonda si attardava per le strade ad
elargire cure a chi ne aveva bisogno. Girò il mondo per curare e
assistere gli ammalati, portare sollievo ai feriti e soccorrere i
moribondi. Affermava di aver sentito la voce di Dio chiamarla ad un
compito che all'inizio non era riuscita a definire bene. Poi cominciò
a sfidare le regole e il rigidissimo conformismo vittoriano
girovagando da sola anche nei quartieri poveri, cosa alquanto
disdicevole per una 'signorina bene' a quei tempi. Anche la sua
famiglia si oppose a quella inclinazione, l'avrebbero incoraggiata su
pressoché qualunque altra forma di conoscenza ma quel vagare per le
strade era proprio disonorevole. La sua è stata la storia di una
donna coraggiosa, eroica e fortissima, che, come spessissimo accade
con le persone davvero straordinarie, non aveva la sensazione di fare
qualcosa di 'strano', era certa di agire nella ovvia normalità dello
scorrere della vita. Avrebbe voluto insegnare, a suo modo l'ha fatto,
con l'agire e non con le lavagne. La sua determinazione era la sua
forza, la sua bellezza e la luce che emanava la piccola fiammella
della sua lampada era quella della speranza. In suo onore si celebra
il 12 maggio la giornata degli infermieri e questa ricetta è
ispirata ad uno tra i lavori più difficili e complessi delle società
contemporanee, un mestiere che è croce e delizia di chi lo svolge,
che presenta momenti di intensa gioia e bellezza e altri di amarezza
e difficoltà.
“L'assistenza
è un'arte –
affermava – e se deve essere realizzata come un'arte, richiede
una devozione totale ed una dura preparazione, come per qualunque
opera di pittore o scultore; con la differenza che non si ha a che
fare con una tela o un gelido marmo, ma con il corpo umano, il tempio
dello spirito di Dio. È una delle Belle Arti. Anzi, la più bella
delle Arti Belle”.
Parole che
ispirano e che rendono evidente l'eccezionalità di una persona
animata da tale sincera forza di pensiero e di azione.
E allora un
bel brindisi alla sua nascita, con un po' di birra che rende
amarognolo il riso alla base di questi arancini e che, soprattutto, è
una bevanda distillata per millenni da mani femminili, sacerdotesse e
vestali, conoscitrici silenziose di saperi arcani.
Riso arborio
Cipolla
bianca da forno
Birra chiara
Acqua
Sale
Gorgonzola
Croce piccante
Latte intero
Olio
extravergine di oliva
Uova
Pangrattato
Fare un
soffritto leggero con poca cipolla tritata in olio e acqua.
Aggiungere il riso crudo, far brillare, salare lievemente, aggiungere
birra. Quando si asciuga il liquido aggiungere acqua con pochissima
birra, far cuocere girando costantemente. A cottura quasi ultimata
aggiungere il Croce a pezzettini e dunque un goccetto di latte.
Lasciar riposare per qualche ora. Appallottolare il riso e inserire
al centro un cubetto di Gorgonzola piccante Croce. Ripassare
nell'uovo sbattuto e nel pangrattato. Friggere o mettere in una
teglia oliata con un filo d'olio o un fiocchetto di burro, infornare
in forno ben caldo a circa 180°C-200°C finché son ben dorati in
superficie.
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