La scuola è uno dei pilastri delle conquiste sociali delle
società democratiche. Garantire il diritto all’istruzione è una delle
prerogative primarie di qualunque società aperta e libera, composta da
cittadini che esercitano il proprio diritto di voto in piena coscienza e
partecipano alla vita sociale nelle modalità e nelle forme che più si confanno
alle loro capacità e interessi.
Qualunque regime, qualunque dittatura ha puro terrore di una
cosa fondamentalmente, una bambina o una donna, una persona con un libro e una
penna in mano. La cultura e la conoscenza sono da sempre le armi più temute da
chiunque abbia a cuore l’oppressione altrui. Nei regimi sedicenti democratici
la questione è un po’ più complessa, ci sono delle regole da rispettare, una
specie di formalità da mantenere. Eppure non è così difficile notare che
maggiore è il livello di democrazia reale maggiore è l’attenzione all’educazione
e alla cultura.
Le società davvero libere si fondano, in effetti, sulla loro
capacità di mantenersi tali mediante la partecipazione attenta e concreta di
cittadini informati e consapevoli alla vita civile, alla vita attiva.
In Italia sono stati escogitati vari modi per ‘scippare’ la
cultura dalle menti degli italiani, cosa alquanto difficile visto che basta fare
una passeggiata in uno dei tantissimi splendidi borghi per capire quanto sia
importante e viva la nostra storia, il più meschino è stato quello di
distruggere sistematicamente la scuola infestandola col virus dell’impossibilità
della concretezza positiva, della libertà e della felicità dell’apprendere e
dell’insegnare. La scuola italiana è una gran rottura di scatole, è noioso
frequentarla sia come insegnanti che come studenti e questo è il frutto di una
sistematica distruzione della democrazia nel nostro Paese.
L’Italia è però una nazione particolarmente relisiente,
abituata a barbari d’ogni risma, ceto, epoca, ed esistono, o meglio resistono,
veri e propri gioielli dell’arte di insegnare e apprendere. Sono gemme rare,
nonostante gli sforzi individuali e spesso collettivi, luoghi del possibile, di
sogni e utopie che forse tanto immaginari e tanto utopici non sono.
Uno tra questi è nascosto e protetto dalle montagne
abruzzesi, è la Scuola d’Arte Grue di Castelli, nel Parco del Gran Sasso e
Monti della Laga, provincia di Teramo.
Questa ricetta, semplice e con elementi che ormai
rappresentano una tipicità abruzzese, è ispirata a questo luogo del sapere e
della conoscenza.
Farina bianca
Farina integrale
Acqua
Lievito di birra
Lievito madre essiccato
Patate
Sale iodato
Olio extravergine d’oliva
Salvia
Rosmarino
Menta
Gomasio integrale
Impastare le due farine unendo un po’ di farina integrale a
quella bianca e al lievito madre essiccato, quindi il lievito di birra fresco
sciolto in acqua tiepida. Far lievitare a lungo. A parte lessare le patate con
tutta la buccia, scolarle, sbucciarle, condirle con sale e olio. Creare palline
di circa sei centimetri di diametro, inserirvi quindi le patate condite, e le
foglioline, o pezzi di esse, delle erbe provinciali lavate in proporzione
uguale. Porre in una teglia oliata, cospargere con un filo d’olio e il Gomasio
integrale, infornare in forno già caldo a 210°C o 230°C per una mezzoretta,
finché siano ben cotti.
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