martedì 13 dicembre 2016

Pizzicotti con limone, melanzane e noci

Pizzicotti con limone, melanzane e noci

Qualche tempo fa venne pubblicata una divertentissima traduzione di un libretto di istruzioni per il mouse. In molte lingue la parola ‘mouse’ e tutte le altre parole del lessico informatico è stata tradotta prima di essere utilizzata. È quindi ovvio che il ‘mouse’ in alcune lingue non si chiami così bensì ‘topo’. Il libretto di istruzioni si riferiva ad un mouse a rotelline, non ottico, che si chiamavano ‘balls’, palle, e ovviamente la traduzione fece il giro del web perché oggettivamente era piuttosto comica. Alcune lingue sembrano più pronte ad accogliere al proprio interno parole ‘straniere’, specialmente se fanno parte di qualcosa di nuovo, di tecnologico, altre invece preferiscono tradurle con un equivalente immediatamente comprensibile. L’italiano è una di quelle lingue in cui pare che le parole straniere siano particolarmente bene accette. Pare, sembra perché in effetti poi le parole non italiane vengono pronunciate in modo che risulterebbe incomprensibile ai madrelingua oppure adattate all’italiano con ibridi a dir poco raccapriccianti. Per quanto concerne il lessico informatico è abbastanza evidente a chiunque come ciò sia accaduto senza neanche far troppo rumore. Downloadare, uploadare, faxare, smessaggiare sono soltanto alcuni esempi, ma su alcune parole si è scatenata addirittura una vera e propria diatriba. È più giusto dire scannerizzare o scansionare? È più giusto digitale, numerico o informatico? Ognuno ha la sua teoria e la difende, solitamente e tipicamente, a spada tratta. La faccenda, in sé, sarebbe comica se non fosse, spesso, farsesca, come nel caso delle traduzioni di esperienze culinarie nella lingua della Perfida Albione, l’inglese. Ora, se è comprensibile che per le tecnologie si utilizzi un linguaggio ormai pressochè universale, è oggettivamente farsesco che in Italia, la Patria del mangiar bene, il Paese con la più ampia biodiversità in tutto il Pianeta, il luogo in cui si riescono a ricavare migliaia di varietà di fagioli da due tipi che provengono dall’America Latina e che sono rimasti pressoché invariati in tutto il resto del mondo, la Nazione che ha insegnato a chiunque il concetto di cibo in quanto creazione artistica dalla incredibile varietà di forme, colori, sapori, odori, in Italia dunque si debba assistere alla inglesizzazione del lessico culinario. Pentole, paioli, caminetti, forni e fornelli, vanghe e rastrelli si rifiutano categoricamente di essere assoggettate ad una ‘cultura’ che con il pesce ha creato il fish&chips, superato in eccellenza da qualunque fritturina di pesce italiana, e con i maestosi buoi delle praterie americane i ‘burger’, cioè polpette mal assemblate e ancor peggio cucinate. Senza nulla togliere alla grandiosità della cucina anglosassone, che ha i suoi pregi e le sue squisite specialità, o a quella Nordamericana, che presenta notevoli ed interessantissimi spunti, veramente non si può sentir masticare male l’inglese, l’italiano e il cibo, la cui preparazione in Italia è assimilabile all’arte che rende mirabili e uniche le città italiane.
Questa ricetta, un pizzicotto per ricordare la bellezza italiana, è ispirata alla bellezza della lingua di Dante, Boccaccio, Manzoni, Ariosto, Goldoni.

Acqua
Farina sabina
Lievito di birra
Lievito madre
Melanzane
Noci locali
Limone non trattato
Miele di acacia dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Timo fresco


Lavare e affettare le melanzane, grigliarle, tagliuzzarle con le forbici. Sgusciare le noci e spezzettarle, lavare il limone e grattugiarne la buccia. Impastare la farina con acqua in cui è stato sciolto il lievito, lievito madre, le melanzane, le noci e il limone grattugiato, far lievitare per almeno una notte. Creare dischettini con le mani spessi poco meno di un centimetro inserirvi dentro una punta di cucchiaino di miele, richiudere, aggiungere timo fresco e mettere nella carta forno nella teglia per i plum cake piccoli. Infornare in forno ben caldo a 200°C o 220°C per il tempo di cottura 

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