giovedì 30 marzo 2017

Ciambella veloce ripiena di Pasqua, ricetta di Mamma Lucilla

Ciambella veloce ripiena di Pasqua, ricetta di Mamma Lucilla

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea ha iniziato il suo iter burocratico, un percorso lungo, molto contestato e che sta creando non pochi dissensi interni al Regno Unito. La Scozia si sta battendo fieramente per rimanere nell’Unione, asserendo che Brexit annulla di fatto il precedente referendum sull’indipendenza scozzese visto che coloro che affermavano l’importanza di rimanere insieme all’Inghilterra, al Galles e all’Irlanda del Nord asserivano che quello fosse l’uico modo per rimanere all’interno dell’UE. Un paradosso, affermano nella terra del whisky, una ovvia decisione, rispondono sul Tamigi. Un dialogo, si fa per dire, tra due donne, Theresa May e Nicola Sturgeon convinte della giustezza delle proprie azioni, cui si aggiungono i malumori dell’Irlanda del Nord e le preoccupazioni di Gibilterra. Sulla rete gira un divertentissimo video che si conclude con una battuta fulminante, se la Gran Bretagna vuole uscire dall’Europa dove vuole andare, in Asia forse? Theresa May dal canto suo assicura che Brexit sarà un modo per ripensare l’unione, un mastodonte burocratico che ha poca efficacia a livello internazionale, a far da contrappunto Nicola Sturgeon, e una parte consistente della House of Commons, che le ricorda che al momento l’UE è la prima economia al mondo e il primo interlocutore economico della Gran Bretagna, l’unione di Stati meno guerrafondaia che si sia mai vista e il primo esperimento duraturo di pace e prosperità europea. Theresa May risponde a distanza che sessant’anni di relativa pace europea non dipendono dall’UE pertanto proseguirà la cooperazione con la NATO e terrà le truppe nell’Europa orientale. Chi non avesse nutrito una certa simpatia per gli scozzesi non può che pensare che, in fondo, il tartan del club degli italiani è proprio carino e girare in kilt per le vie di Roma, Madrid, Parigi, Lisbona, Zagabria, Bruxelles potrebbe non essere poi una idea tanto pessima eppure le idee della May sono più che pericolose, inquietanti. In primo luogo perché ripensare l’Europa è oggi più che mai necessario, è vero che la struttura burocratica è oggettivamente mastodontica e spesso non risponde alle esigenze della cittadinanza bensì ad alcuni interessi particolari seppure sia al momento l’unica vera barriera difensiva di talune conquiste sociali e di libertà nel Vecchio Continente. È altresì vero che, se fino a qualche anno fa l’UE interveniva anche economicamente su progetti anche locali dando l’impressione di essere presente nei territori, da troppo tempo si intravedono oscure mani che si appropriano di fondi pubblici, sdoganando abitudini non propriamente attente alla legalità. Per questo è giusto prendere il mazziniano sogno di Ventotene e lanciarlo fuori dalla finestra? No, evidentemente. Giusto sarebbe ripensare davvero l’Europa quale unione di forze diverse, immaginare centri culturali, economici e turistici europei sparsi per tutto il vasto territorio dell’Unione, sul modello francese, in cui sia possibile sentirsi europei, entrando fisicamente in biblioteche, centri studi, luoghi di riunione e di aggregazione, piazzette paesane dove ritrovare quell’identità fondata sulla diversità che oggi sembra sempre più disperdersi nei centri commerciali o in altri non-luoghi, virtuali e reali. L’immaginazione è il primo passo verso la realizzazione di qualcosa di nuovo. E se invece di dire no all’Europa Unita chiudendosi a riccio e invocando la sovranità nazionale su immigrazione, frontiere, sicurezza interna si chiedesse a Bruxelles di dire sì alle tante cittadinanze europee, se si chiedesse a Strasburgo di muoversi concretamente per rafforzare quell’identità europea tanto necessaria alla vita stessa dell’Unione? Se i cittadini europei, spesso senza memoria in un luogo in cui tutto è intriso di storia, vivessero l’UE quale luogo fisico di inclusione, di aggregazione, di accoglienza e di conoscenza molto probabilmente potrebbero agire pensando da europei e questo cambiamento nella mentalità sarebbe il motore stesso del cambiamento reale, della effettiva creazione unitaria di un’istituzione sovranazionale.
Supporre che patti bilaterali e un impegno prevalentemente militare sia la forza dell’Europa vuol dire non avere un progetto, una nuova idea di libertà transnazionale che sappia essere una nazione ‘truly global’, veramente globale. Non esiste globalità nell’assenza di idee, non esiste libertà nella negazione del diritto internazionale e della cooperazione, dell’unione tra pari per creare stabilità, prosperità e pace.
La negazione della libertà di autodeterminazione che Theresa May sta cercando di imporre a Scozia, Irlanda del Nord e Gibilterra è anacronistica così come lo è stato il suo discorso alla House of Commons. Sembrava di ascoltare il Marchese del Grillo interpretato da Alberto Sordi nella famosa battuta ‘perché io so’ io e voi…’.
Per creare cambiamento non bastano i consensi, è necessaria la capacità di visione, di progettazione di pensiero. L’Europa unita non sarebbe mai stata creata se Mazzini, sulle rive del Tamigi, non l’avesse ipotizzata, immaginata, segretamente costituita. Non sarebbe mai diventata realtà se, durante gli anni del confino a Ventotene a causa della dittatura fascista scontato insieme a dissidenti martiri in nome dell’altra grande dittatura, quella comunista, un manipolo di visionari dissidenti finanche dai dissidenti stessi non ne avesse immaginato la struttura su un Manifesto clandestino. L’Europa non sarebbe un luogo in cui le frontiere non esistono più se milioni di persone non avessero avuto la forza di immaginare che sarebbe stato anche possibile vivere in pace e armonia con gli altri Stati, costruendo sulle differenze la più grande potenza economica mondiale.
Nel discorso di Theresa May l’immaginazione, la fantasia, la volontà creatrice e ideale che scardina l’ovvio per costruire l’impensabile non c’erano, traspariva dalle sue parole soltanto una nostalgica preminenza britannica fondata sulla forza militare e sulla capacità capitalistica di creare accordi bilaterali sfruttando l’indubbia appetibilità della City.
Gli unici che probabilmente hanno gioito dopo il discorso alla House of Commons sono stati gli avvocati che si occupano di contrattazioni commerciali internazionali, intravedendo nella Brexit un lucrosissimo affare di ridefinizione di una infinità di contratti sulla base di accordi bilaterali, codici e codicilli di cui poco o niente si capirà.
Questa ricetta, creata per caso mettendo insieme ingredienti, è ispirata alla infinità di modi in cui si possono esprimere le diversità all’interno della medesima identità culturale.

Acqua
Farina
Lievito di birra
Cicoria
Lonza
Mozzarella
Olio extravergine di oliva
Sale di rocca
Sesamo integrale


Impastare la farina con il lievito di birra sciolto in acqua tiepida e far lievitare a lungo come per la pizza. Lavare bene la verdura, lessarla, scolarla bene, condirla con sale e olio. Stendere l’impasto, porlo sulla carta forno, riempirlo con la cicoria condita, la lonza e la mozzarella a pezzetti, quindi arrotolare, torcere un po’ e dare la forma di una ciambella, spennellare con olio, guarnire con sesamo integrale, bucherellare con la forchetta, non troppo, quindi infornare in forno ben caldo a 210°C o 230°C per il tempo di cottura. 

Nessun commento:

Posta un commento