mercoledì 1 marzo 2017

Minestrone marzolino

Minestrone marzolino

Il Carnevale è appena finito e già si pensa a Pasqua e Pasquetta, alle decorazioni per la tavola, alla scelta del menù, all’opzione barbecue in giardino o scampagnata fuori porta, ai dolciumi che accompagneranno la fine della Quaresima nei Paesi a maggioranza cristiana e cattolica, a prescindere dal proprio credo e dalle proprie convinzioni. A prescindere dalla personale adesione a qualche religione o non adesione ad alcuna, è indubbio che qualche giorno di depurazione dell’organismo tra l’inverno e la primavera è un’abitudine, una consuetudine celebrata un po’ ovunque. Nella religione cattolica romana i quaranta giorni quaresimali dovrebbero essere un momento di purificazione del corpo e dello spirito, idea che ben si confà a molte esigenze, seppur con modalità differenti. Chi ha in animo di recitar preghiere per purificare l’anima dal peccato fa benissimo a farlo, chi crede diversamente può però prendere spunto e cercare di dedicare qualche momento della propria giornata al riequilibrio psico-fisico per meglio affrontare la stagione calda con alcuni momenti di concentrazione e meditazione. Purificare il corpo nel passaggio tra una stagione e l’altra è un’ottima abitudine da conservare nelle modalità che ad ognuno sono più consone. L’importanza della laicità dello Stato e del fondamentale ateismo che dovrebbe sottendere all’organizzazione dello stesso per garantire i diritti di eguaglianza e fratellanza mirabilmente, non troppo in verità quando si è inclusa la clausola sui Patti lateranensi, dalla Costituzione della Repubblica italiana. Garantire le libertà individuali e collettive all’interno di una Nazione è fondamentale, significa, in poche parole, garantire che gli abitanti che compongono quella meravigliosa associazione di persone che costituisce la patria siano cittadini e non sudditi, dunque vuol dire democrazia repubblicana, quello che l’Italia dovrebbe essere in teoria e in pratica. Laicità dello Stato non vuol dire negare i valori che compongono la cultura nazionale bensì avvalorarne il significato intrinseco e cambiare ciò che nega l’essenza della cittadinanza, dell’essere cittadini partecipi e liberi di una società libera, aperta, democratica e in continuo progresso verso il miglioramento delle condizioni sociali, economiche, spirituali. Uno tra i primi segnali che qualcosa non quadra in una democrazia è la scuola: un Popolo libero è formato da persone abituate alla libertà, la cui formazione ed educazione sono uno tra i più importanti pilastri per garantire equità e uguaglianza sociale e personale. Una persona nata in una famiglia non ricca o non istruita deve poter essere messa nelle condizioni, dallo Stato e dunque dalla collettività, di studiare, se dimostra di averne voglia e di migliorarsi in continuazione, foss’anche a 110 anni, se lo ritiene opportuno. Altro settore che generalmente esprime un disagio democratico è la sanità, logicamente una nazione in cui la salute dei propri componenti non è garantita non può essere una società che considera i cittadini su un piano di eguaglianza e dunque di attivi e partecipi elementi per il progresso della società. Sembrerà strano ma altre cartine al tornasole sono i trasporti, la cultura, l’inquinamento, la facilità di impresa ed intrapresa, i diritti sul lavoro, la trasparenza amministrativa, la libertà di stampa per citarne soltanto alcuni. I trasporti sono servizi pubblici, quindi qualcosa che deve risolvere la questione della mobilità nazionale, maggiore è l’attenzione nei confronti delle esigenze reali, concrete della popolazione maggiore è presumibilmente il livello di democrazia in un determinato Paese. La cultura è la prima forma di partecipazione civica e in Italia è stata spessissimo gestita dal clero, per fruire della bellezza, ha affermato in vario modo la Chiesa, è necessario entrare nelle chiese, per emozionarsi insieme agli altri in quella meravigliosa ritualità che comprende canti, luci, colori e sonorità melodiose bisogna entrare a far parte della comunità religiosa. Giustissimo dal punto di vista ecclesiastico, un po’ meno da quello statale che dovrebbe fornire gli strumenti per l’implementazione dell’idea di eguaglianza tra cittadini e dunque le possibilità per l’attiva partecipazione alla vita pubblica e sociale delle comunità e della nazione nel suo complesso. Intraprendere un’attività in base a ciò che si è appreso, alle proprie capacità e alle proprie inclinazioni, sia essa una bottega artigiana o un giornale, dovrebbe essere questione non troppo complicata e soprattutto non soffocata da leggi incomprensibili, se così è vuol dire che il Governo dello Stato non comprende le esigenze reali dello Stato pertanto viola il principio di democrazia negando il concetto stesso di cittadinanza in favore di un’idea arcaica di sudditanza: la democrazia e la repubblica non prevedono sudditi bensì cittadini. Si potrebbe continuare all’infinito nell’elenco delle negazioni ma è più che saggio il consiglio del Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, sulla necessità di trovare soluzioni e non soltanto evidenziare i problemi. È esattamente ciò che lo Stato sarebbe chiamato a fare, raddrizzare le storture della storia e fornire possibilità concrete ai cittadini, comprendere le esigenze reali e garantire sempre le basi stesse della democrazia e della repubblica. Facile a dirsi non così tanto a farsi, eppure si può cominciare con le piccole cose. Una tra queste è la scellerata abolizione del diritto di voto per le Province nella visione, presumibilmente alterata da allucinogeni, della semplificazione amministrativa attraverso il taglio della partecipazione diretta alla vita dello Stato da parte della popolazione. È evidente che attualmente vi è un vuoto amministrativo da colmare, molte associazioni culturali sui territori indicano da molto tempo delle strade da percorrere che in Italia non sono neanche troppo complicate da delineare e immaginare per unire Comuni sulla base di esigenze concrete che li accomunano. Il Lazio, ad esempio, ha delle linee ben precise di unioni municipali definite da millenni di storia e da esigenze comuni. I paesi vicini al mare hanno delle esigenze specifiche, quelli vicini alle montagne ne hanno altre. In quasi tutte le regioni italiane vi sono prodotti D.O.P. e I.G.P. che ben chiaramente definiscono, nei discliplinari europei, linee di confine e di unione che spesso travalicano le differenze amministrative tra provincia e provincia. È questo il caso di quasi tutti i comitati per la promozione di vini e oli, tanto per fare un esempio. Molte associazioni fanno di questa base culturalmente condivisa e di queste esigenze comuni un punto di forza per creare collegamenti e connessioni, andando evidentemente ad agire con maggiore libertà su quello che è il sentire comune, la percezione di ‘appartenenza’ ad un luogo, un’area che non necessariamente fanno parte della medesima provincia. La Sabina è forse la più chiara esemplificazione di tale forma di potenziale aggregazione, ma si potrebbe citare anche la Tuscia e moltissime altre, in quanto comprende un territorio rimasto sostanzialmente invariato da prima della fondazione di Roma che comprende Comuni compresi tra la provincia romana e quella reatina e che ha delle proprie suddivisioni culturali e geografiche interne ben precise. Non è forse un caso che la Diocesi Sabina abbia da secoli adottato tale distinzione. Se è giusto pensare che il territorio della provincia di una grande città quale è Roma non possa essere espressione di tali e tante esigenze, non è però impensabile che essa sia il luogo dell’unione tra territori e che sappia porsi quale assemblea per ascoltare e far fronte alle esigenze concrete di territori regionali e interregionali definiti su base culturale e su affinità concrete.
Ciò sarebbe possibile se lo Stato fosse effettivamente, decisamente laico e garante di concetti fondamentali quali democrazia, repubblica, cittadinanza e questo è uno tra gli innumerevoli motivi per cui dovrebbe esserlo.
Questa ricetta, ideale per purificare l’organismo, è ispirata alla semplicità con cui si possono unire le differenze per esaltarne l’essenza e creare un insieme armonioso.

Carote
Patate
Sedano
Broccolo siciliano
Funghi champignon
Cetrioli
Menta fresca o essiccata
Timo citronella fresco o essiccato
Salvia fresca o essiccata
Sale di rocca
Curry mild
Foglie di cipolla fresche o essiccate
Acqua
Parmigiano reggiano della Latteria sociale di Beduzzo Inferiore
Olio extravergine di oliva
Sesamo

Pelare carote e patate, lavare tutte le verdure, tagliarle in pezzi non troppo grossi. Porre tutto in una pentola, coprire abbondantemente ma non troppo con l’acqua, salare e speziare, far bollire abbastanza a lungo, almeno un’oretta. Servire su un letto di cous cous integrale oppure con la pastina cotta a parte o con crostoni di pane bruscato, aggiungere sesamo, petali di parmigiano e olio a crudo. 

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