lunedì 29 maggio 2017

Minestrone di maggio

Minestrone di maggio

L’Europa unita è un sogno meraviglioso, un’utopia immaginata da Mazzini prima, con la Giovine Europa, e poi dai confinati nell’Isola di Ventotene. Nasce da un bisogno di liberazione dall’oppressione e da una necessità di pace, fratellanza, unità. È quella sintesi mazziniana del progresso delle libertà dopo la Rivoluzione Francese. Così come la più sanguinosa e partecipata rivolta di popolo dell’Europa è stata, in base alle idee mazziniane, la sintesi di un’epoca, altrettanto si può pensare dell’Europa unita, un progetto che, paradossalmente, si è concretizzato dopo l’implementazione e la creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che ha una visione addirittura globale per quanto concerne la pace, la prosperità, i diritti fondamentali. L’idea stessa di diritti umani fondamentali si è affermata, nella concretezza istituzionale, prima della costituzione del primo nucleo dell’Unione europea. Ci sono voluti molti anni per comprendere, e ancor non è stato capito, ciò che Mazzini affermava sul rischio di totalitarismo dell’ideologia comunista e sul rischio di individualismo del suo contrario. Egli capì, spiegava in quel modo complicato e contorto di chi ha ben compreso il futuro ma, proprio perché di futuro di parla, non ha ancora il bagaglio di parole distillate nella pratica della progressione delle libertà necessarie ad esprimere quel futuro, che una società profondamente pacifica non avrebbe mai dovuto impedire l’intrapresa, l’azione individuale, avrebbe, bensì dovuto creare associazioni tra uomini e donne fondate sulla libertà e non sullo sfruttamento, sui doveri e non sui diritti della cittadinanza. Concetti a volte ostici, spiegati a suo modo, che hanno trovato soltanto dopo la creazione delle grandi organizzazioni internazionali, nella costituzione dell’Unione europea e nel completamento, seppur ancora imperfetto, della stessa dopo la caduta del Muro di Berlino, la loro attuazione concreta, oggettiva.
L’Unione europea, infatti, non prevede soltanto che gli Stati che la compongono siano uniti da un’unione doganale o da una moneta, bensì si fonda su una profonda possibilità di coesione culturale basata sulle incredibili diversità che la compongono, sulla miriade di storie che rappresenta in quanto unione. Unità nella diversità è il motto europeo ed effettivamente basterebbe guardare la lista di prodotti D.O.P. e I.G.P. per capire di cosa si sta parlando. Ogni paesino europeo, qualunque territorio, regione, provincia, contea, esprime al proprio interno delle peculiarità estremamente marcate che lo differenziano in modo unico e assolutamente riconoscibile dal paesino, territorio, regione, provincia, contea confinante. Storie millenarie si esprimono in piccoli dettagli, in caratteristiche assolutamente uniche e meravigliosamente europee nella loro variegata essenza. Certamente l’Unione europea al momento non gode di grandissima fiducia da parte della popolazione e talvolta si accusa la nuova forma amministrativa di essere la causa di qualunque problema che riguarda i singoli Stati e la collettività degli stessi. La sensazione sempre più diffusa di una lontananza di istituzioni in cui talvolta sono non le leve più interessanti ma quelle meno adatte a ricoprire ruoli di tale prestigio a decidere su questioni quotidiane, la chiusura di quei pochi centri sui territori che davano l’idea di una presenza reale e non fittizia, non aleatoria, il taglio di piccoli finanziamenti e micro finanziamenti a favore di progetti grandi, costosi e spesso colmi di corruzione non ha certamente giovato ad aumentare la popolarità di istituzioni fondamentali per la libertà comune. Eppure chi ricorda l’Europa senza Unione europea, le dogane, la diffidenza tra Nazioni amiche, il Muro che la squarciava in due, non può non notare i benefici dell’Unione.
Intanto parlando di sicurezza, le polizie europee oggi sono ‘obbligate’ a collaborare e anzi sono talmente abituate da avere istituzioni apposite perché tale cooperazione avvenga senza troppi intoppi. E si vede, seppure vi siano non poche modifiche da fare nei protocolli e nella gestione delle procedure, soprattutto per quelle emergenziali. A questo punto l’Unione europea c’è, seppur vi siano modifiche e Stati da includere, è dunque auspicabile un sistema comune tra, ad esempio Europol e Interpol per la gestione delle situazioni più complesse.
Altrettanto auspicabile sarebbe un vero e proprio esercito europeo sul modello della NATO, in grado di agire e fronteggiare questioni complicate.
Non sarebbe certamente sbagliato cercare di creare standard ecologici per la produzione di energie verdi e rinnovabili, cercando, per quanto possibile, di limitare fino alla chiusura degli impianti, l’utilizzo del nucleare e di tutto ciò che può causare danni irreparabili all’ambiente, stimolando, con la creazione di centri di ricerca europei dedicati e di eccellenza, sul modello del CERN di Ginevra, proprio l’innovazione in tal senso. L’ambiente è il futuro dello sviluppo sostenibile, in Europa vi sono università e centri di ricerca meravigliosi, forse sarebbe il caso di unire le forze e divenire leader nel settore energetico, ambientale e tecnologico.
Per quanto concerne il turismo, ad esempio, si potrebbe diffondere a livello europeo il modello francese di avere un centro di informazione turistica ovunque che si occupi del territorio in cui è e di territori europei che possano avere caratteristiche in qualche modo collegabili, così come hanno cercato di fare, privatamente, molte associazioni per la promozione della Via Francigena, per i monasteri medievali, per la Via Carolingia, etc.
Se la Gran Bretagna decidesse di rimanere nell’Unione potrebbe svolgere un ruolo importantissimo nel collegare l’Unione ad altre confederazioni di Stati, apportando un vantaggio notevole alla propria economia e a quella dell’UE.
L’agricoltura europea è certamente più forte se è ‘europea’ e non soltanto locale, pur portando avanti in modo sempre più convinto la specializzazione e il recupero di colture tradizionali quale tratto distintivo e unico dell’agricoltura europea in quanto tale.
Sarebbe dunque ora di dare una vera e propria forma a ciò che per il momento è una struttura organizzativa e burocratica non troppo collegata ai territori, certamente non è il caso di distruggere tutti gli sforzi che sono stati compiuti per mettere insieme Paesi storicamente in lotta tra loro da millenni nel comune sforzo di creare e costruire pace e prosperità unendo le forze.
Questa ricetta, in cui l’equilibrio tra dolce e amaro è molto delicato, è ispirato all’importanza dell’unione tra diversi sapori per meglio gustare le caratteristiche di ogni singolo ingrediente in un insieme armonioso.

Tarassaco, possibilmente non fiorito e in quantità minima
Piselli novelli appena raccolti
Fave fresche dell’orto
Patate, possibilmente novelle
Carote
Rape rosse fresche, bulbo e foglie
Erba cipollina
Erba aglina, un filo
Olio extravergine di oliva
Petali di Parmigiano reggiano della Latteria sociale di Beduzzo inferiore
Timo fresco
Mentuccia romana
Acqua
Sale integrale
Lattughina a taglio


Sgranare i piselli, sgranare e sbucciare le fave, sciacquarli e mettere in una pentola ampia a temperatura ambiente. Sbucciare le patate, le carote e i bulbi delle rape, lavarli, tagliarli a pezzetti. Quando si lavorano le rape fresche è bene indossare la parannanza perché possono sporcare molto, inoltre è bene metterne in proporzione di un bulbo medio ogni tre patate medie perché ha un sapore piuttosto dolciastro che tende a prevalere se non ben abbinato, ad esempio unendovi le foglie che hanno un sapore più amarognolo, vagamente simile al broccoletto. Lavare e sminuzzare l’erba cipollina, in maggior proporzione, e l’erba aglina. Mettere nella pentola. Lavare e tagliare bene le verdure, versarle nella pentola insieme alle erbe aromatiche ben lavate, tranne la lattughina da aggiungere verso fine cottura. Utilizzare pochissimo tarassaco, necessario più che altro per l’amarognolo che va a stemperare il dolce di piselli, carote, patate, lattughina e rape. Far bollire finché tutte le verdure saranno cotte, quasi a fine cottura aggiungere la lattughina ben lavata e tagliata, quindi far rapprendere il brodo vegetale. Servire con crostini di pane, un filo di olio a crudo e petali di parmigiano.  

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