Minestrone di maggio
L’Europa unita è
un sogno meraviglioso, un’utopia immaginata da Mazzini prima, con la Giovine
Europa, e poi dai confinati nell’Isola di Ventotene. Nasce da un bisogno di
liberazione dall’oppressione e da una necessità di pace, fratellanza, unità. È quella
sintesi mazziniana del progresso delle libertà dopo la Rivoluzione Francese. Così
come la più sanguinosa e partecipata rivolta di popolo dell’Europa è stata, in
base alle idee mazziniane, la sintesi di un’epoca, altrettanto si può pensare
dell’Europa unita, un progetto che, paradossalmente, si è concretizzato dopo l’implementazione
e la creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che ha una visione
addirittura globale per quanto concerne la pace, la prosperità, i diritti
fondamentali. L’idea stessa di diritti umani fondamentali si è affermata, nella
concretezza istituzionale, prima della costituzione del primo nucleo dell’Unione
europea. Ci sono voluti molti anni per comprendere, e ancor non è stato capito,
ciò che Mazzini affermava sul rischio di totalitarismo dell’ideologia comunista
e sul rischio di individualismo del suo contrario. Egli capì, spiegava in quel
modo complicato e contorto di chi ha ben compreso il futuro ma, proprio perché
di futuro di parla, non ha ancora il bagaglio di parole distillate nella
pratica della progressione delle libertà necessarie ad esprimere quel futuro,
che una società profondamente pacifica non avrebbe mai dovuto impedire l’intrapresa,
l’azione individuale, avrebbe, bensì dovuto creare associazioni tra uomini e
donne fondate sulla libertà e non sullo sfruttamento, sui doveri e non sui
diritti della cittadinanza. Concetti a volte ostici, spiegati a suo modo, che
hanno trovato soltanto dopo la creazione delle grandi organizzazioni
internazionali, nella costituzione dell’Unione europea e nel completamento,
seppur ancora imperfetto, della stessa dopo la caduta del Muro di Berlino, la
loro attuazione concreta, oggettiva.
L’Unione
europea, infatti, non prevede soltanto che gli Stati che la compongono siano
uniti da un’unione doganale o da una moneta, bensì si fonda su una profonda
possibilità di coesione culturale basata sulle incredibili diversità che la
compongono, sulla miriade di storie che rappresenta in quanto unione. Unità
nella diversità è il motto europeo ed effettivamente basterebbe guardare la
lista di prodotti D.O.P. e I.G.P. per capire di cosa si sta parlando. Ogni paesino
europeo, qualunque territorio, regione, provincia, contea, esprime al proprio
interno delle peculiarità estremamente marcate che lo differenziano in modo
unico e assolutamente riconoscibile dal paesino, territorio, regione,
provincia, contea confinante. Storie millenarie si esprimono in piccoli
dettagli, in caratteristiche assolutamente uniche e meravigliosamente europee
nella loro variegata essenza. Certamente l’Unione europea al momento non gode
di grandissima fiducia da parte della popolazione e talvolta si accusa la nuova
forma amministrativa di essere la causa di qualunque problema che riguarda i
singoli Stati e la collettività degli stessi. La sensazione sempre più diffusa
di una lontananza di istituzioni in cui talvolta sono non le leve più
interessanti ma quelle meno adatte a ricoprire ruoli di tale prestigio a
decidere su questioni quotidiane, la chiusura di quei pochi centri sui
territori che davano l’idea di una presenza reale e non fittizia, non
aleatoria, il taglio di piccoli finanziamenti e micro finanziamenti a favore di
progetti grandi, costosi e spesso colmi di corruzione non ha certamente giovato
ad aumentare la popolarità di istituzioni fondamentali per la libertà comune. Eppure
chi ricorda l’Europa senza Unione europea, le dogane, la diffidenza tra Nazioni
amiche, il Muro che la squarciava in due, non può non notare i benefici dell’Unione.
Intanto parlando
di sicurezza, le polizie europee oggi sono ‘obbligate’ a collaborare e anzi
sono talmente abituate da avere istituzioni apposite perché tale cooperazione
avvenga senza troppi intoppi. E si vede, seppure vi siano non poche modifiche
da fare nei protocolli e nella gestione delle procedure, soprattutto per quelle
emergenziali. A questo punto l’Unione europea c’è, seppur vi siano modifiche e
Stati da includere, è dunque auspicabile un sistema comune tra, ad esempio
Europol e Interpol per la gestione delle situazioni più complesse.
Altrettanto
auspicabile sarebbe un vero e proprio esercito europeo sul modello della NATO,
in grado di agire e fronteggiare questioni complicate.
Non sarebbe
certamente sbagliato cercare di creare standard ecologici per la produzione di
energie verdi e rinnovabili, cercando, per quanto possibile, di limitare fino
alla chiusura degli impianti, l’utilizzo del nucleare e di tutto ciò che può
causare danni irreparabili all’ambiente, stimolando, con la creazione di centri
di ricerca europei dedicati e di eccellenza, sul modello del CERN di Ginevra,
proprio l’innovazione in tal senso. L’ambiente è il futuro dello sviluppo
sostenibile, in Europa vi sono università e centri di ricerca meravigliosi,
forse sarebbe il caso di unire le forze e divenire leader nel settore
energetico, ambientale e tecnologico.
Per quanto
concerne il turismo, ad esempio, si potrebbe diffondere a livello europeo il
modello francese di avere un centro di informazione turistica ovunque che si
occupi del territorio in cui è e di territori europei che possano avere
caratteristiche in qualche modo collegabili, così come hanno cercato di fare, privatamente,
molte associazioni per la promozione della Via Francigena, per i monasteri
medievali, per la Via Carolingia, etc.
Se la Gran
Bretagna decidesse di rimanere nell’Unione potrebbe svolgere un ruolo
importantissimo nel collegare l’Unione ad altre confederazioni di Stati,
apportando un vantaggio notevole alla propria economia e a quella dell’UE.
L’agricoltura
europea è certamente più forte se è ‘europea’ e non soltanto locale, pur
portando avanti in modo sempre più convinto la specializzazione e il recupero
di colture tradizionali quale tratto distintivo e unico dell’agricoltura
europea in quanto tale.
Sarebbe dunque
ora di dare una vera e propria forma a ciò che per il momento è una struttura organizzativa
e burocratica non troppo collegata ai territori, certamente non è il caso di
distruggere tutti gli sforzi che sono stati compiuti per mettere insieme Paesi
storicamente in lotta tra loro da millenni nel comune sforzo di creare e
costruire pace e prosperità unendo le forze.
Questa ricetta,
in cui l’equilibrio tra dolce e amaro è molto delicato, è ispirato all’importanza
dell’unione tra diversi sapori per meglio gustare le caratteristiche di ogni
singolo ingrediente in un insieme armonioso.
Tarassaco,
possibilmente non fiorito e in quantità minima
Piselli novelli
appena raccolti
Fave fresche
dell’orto
Patate,
possibilmente novelle
Carote
Rape rosse
fresche, bulbo e foglie
Erba cipollina
Erba aglina, un
filo
Olio
extravergine di oliva
Petali di
Parmigiano reggiano della Latteria sociale di Beduzzo inferiore
Timo fresco
Mentuccia romana
Acqua
Sale integrale
Lattughina a
taglio
Sgranare i
piselli, sgranare e sbucciare le fave, sciacquarli e mettere in una pentola
ampia a temperatura ambiente. Sbucciare le patate, le carote e i bulbi delle
rape, lavarli, tagliarli a pezzetti. Quando si lavorano le rape fresche è bene
indossare la parannanza perché possono sporcare molto, inoltre è bene metterne
in proporzione di un bulbo medio ogni tre patate medie perché ha un sapore
piuttosto dolciastro che tende a prevalere se non ben abbinato, ad esempio
unendovi le foglie che hanno un sapore più amarognolo, vagamente simile al
broccoletto. Lavare e sminuzzare l’erba cipollina, in maggior proporzione, e l’erba
aglina. Mettere nella pentola. Lavare e tagliare bene le verdure, versarle
nella pentola insieme alle erbe aromatiche ben lavate, tranne la lattughina da
aggiungere verso fine cottura. Utilizzare pochissimo tarassaco, necessario più
che altro per l’amarognolo che va a stemperare il dolce di piselli, carote,
patate, lattughina e rape. Far bollire finché tutte le verdure saranno cotte,
quasi a fine cottura aggiungere la lattughina ben lavata e tagliata, quindi far
rapprendere il brodo vegetale. Servire con crostini di pane, un filo di olio a
crudo e petali di parmigiano.
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