Pizza e fichi
Il primo luglio
di quest’anno si celebra il quindicesimo anniversario dell’entrata in vigore
dello Statuto di Roma istitutivo della Corte Penale Internazionale de L’Aja.
Una ricorrenza importante e significativa che fa riflettere sull’importanza
delle organizzazioni internazionali e di una giustizia che non può più
limitarsi ai confini di un singolo Stato. A rileggerlo oggi, lo Statuto sembra
quasi obsoleto per moltissime ragioni e vi sarebbe forse già bisogno di un
ammodernamento o dell’istituzione di una ulteriore organizzazione
internazionale che possa contenere al proprio interno le istanze che via via si
vanno definendo con l’evolvere delle società e delle economie. La giurisdizione
della CPI, infatti, si limita a genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di
guerra e crimini di aggressione, fondamentalmente è lo strumento giuridico che
serve a rendere perseguibili le violazioni delle Convenzioni di Ginevra, una
serie di trattati internazionali la cui prima stesura avvenne nel 1864 dopo gli
orrori descritti dal fondatore della Croce Rossa, lo svizzero Jean Henry Dunant,
insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1901. La parte più rilevante per
quanto concerne la CPI riguarda quelle stipulate nel 1949 e che concernono la
protezione, la salvaguardia e la tutela giuridica delle vittime durante i
conflitti armati.
Oggi è più che
evidente che, sebbene l’abitudine a guerreggiare non sia venuta meno nelle
società contemporanee, vi sono altri crimini, indagabili e perseguibili
efficacemente soltanto a livello internazionale, che di fatto creano le
condizioni per un sovvertimento oggettivo dello Stato di Diritto e determinano
in modo piuttosto chiaro l’insorgere di focolai di guerre più o meno cruente.
I reati
ambientali su larga scala, il narcotraffico, lo sfruttamento indiscriminato
delle risorse economiche e naturali di un determinato luogo, la sistematica
violazione della parità di diritti tra uomini e donne sono soltanto alcune
delle cause scatenanti di orrori inenarrabili che finiscono, prima o poi, nelle
aule della CPI.
In altre parole,
se la Corte istituita mediante la ratifica dello Statuto di Roma volesse
indagare le cause e non soltanto i sintomi non ne ha, né potrebbe averne, l’autorità
e la competenza giurisdizionale. Perché dunque celebrare il quindicesimo
anniversario dell’entrata in vigore di tale trattato internazionale? Le ragioni
in realtà sono molteplici, una tra tante è che l’affermazione della necessità
della CPI porta con sé una conseguenza fondamentale: i criminali, anche molto
potenti, non possono rimanere impuniti perché esiste una comunità
internazionale che intende proteggere i diritti fondamentali della cittadinanza
globale. Esattamente come affermava Mazzini non esiste cittadino libero se non
è libera l’intera umanità nelle sue complessissime interazioni e se non sono liberi
i cittadini di tutto il Pianeta.
Un concetto meravigliosamente
risorgimentale che, pur non essendo ancora stato implementato, necessita di
aggiornamenti continui, tra cui, ad esempio, la previsione delle potenziali
violazioni del diritto dello spazio che necessita di un’organizzazioni giuridica
ovviamente sovranazionale.
Questa ricetta,
semplicissima, gustosa e realizzabile soltanto con ingredienti particolarmente
genuini è ispirata all’importanza della tutela dell’ambiente.
Fichi verdi
piccoli raccolti di primo mattino
Acqua
Farina
Lievito di birra
Sale grigio di
Bretagna
Impastare la
farina con il lievito sciolto in acqua tiepida, porre in un recipiente che
possa contenere almeno il doppio dell’impasto, coprire e far lievitare a lungo.
In una teglia oliata porre la pizza non troppo sottile, quasi un centimetro, e
stesa per lo più a mano. Fare delle fossette con le dita, condire con un filo
d’olio e sale a grana media e grossa, lasciar riposare ed eventualmente
lievitare un’oretta. Infornare in forno ben caldo a 220°C o 240°C per il tempo
necessario alla cottura, quindi spaccare i fichi molto ben lavati e disporli
sulla superficie o, a piacimento, all’interno della pizza spaccata col
coltello. Gustare calda o tiepida.
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