Insalatona d’ottobre
Dopo il
referendum clandestino ma autorizzato dalle istituzioni regionali che si è
svolto in Catalogna, il re Felipe Juan Pablo Alfonso de Todos los Santos de
Borbón y Grecia, conosciuto col nome di Felipe VI di Spagna, ha pronunciato uno
storico, quanto forse poco opportuno e pertinente, discorso alla nazione. In
primo luogo egli non ha menzionato in alcun modo le violenze contro i civili da
parte delle forze dell’ordine, non ha fatto cenno alle motivazioni e all’impatto
dello sciopero generale e ha ribadito i principi espressi dalla Carta
costituzionale soltanto per quanto concerne quello che si potrebbe definire l’ammutinamento
delle istituzioni catalane di fronte alla decisione della Corte costituzionale.
Seppure il discorso sia stato di notevole importanza e si inserisca di fatto in
una tradizione familiare che vede i reali di Spagna riaffermare i principi democratici
dello stato di diritto in situazioni anche notevolmente critiche, le lacune che
esso contiene non possono essere sottovalutate. Forse l’effetto che voleva
ottenere era quello del deus ex machina che risolve col proprio intervento l’intreccio
della commedia, per restare nella terminologia teatrale utilizzata dal Primo
ministro che ha definito farsesca la consultazione assicurando nel contempo una
ingente presenza militare sul territorio con l’ordine di impedire anche con l’uso
della forza tali consultazioni, ma non ha mantenuto l’imparzialità necessaria
per svolgere il ruolo di risolutore super partes. Felipe VI ha infatti
dimostrato di non essere al di sopra delle parti come la sua carica istituzionale
presupporrebbe, egli ha, appellandosi alla Costituzione e ai meccanismi di
protezione dell’impianto democratico che essa contiene, ‘tirato le orecchie’
all’istituzione catalana, a rigor di logica del mantenimento dello stato di
diritto, ma non alle istituzioni governative che, invece di imporre alle
autorità regionali di non aprire i seggi, hanno attaccato i civili che
avrebbero dovuto difendere. Il re non è evidentemente equiparabile al nostro
Presidente della Repubblica, è persona abituata a pensare di essere sovrano di
una nazione per diritto divino e forse non comprende la sacralità del popolo in
democrazia.
Questa ricetta è
ispirata agli omissis nei sistemi democratici.
Fagioli zolfini
del viterbese
Castagne di
Melfi
Farro di Ville
di Fano o di Amatrice
Pancetta
affumicata
Pecorino
Ecofattorie sabine stagionato 2 mesi
Olio
extravergine di oliva
Sale integrale
siciliano
Timo fresco
Melissa
officinalis fresca
Fette tostate
Gentilini
Acqua
Alloro
Mettere a bagno
e lessare i fagioli zolfini, scolarli lasciando da parte l’acqua di cottura e
farli intiepidire. Incidere le castagne sul lato lungo con l’apposito
coltellino e lessarle da sole o con qualche foglia di alloro tenendo in
considerazione che le foglie di tale pianta possono essere pericolose per donne
in gravidanza. Scolarle, lasciarle intiepidire e sbucciarle. Mettere a bagno il
farro e lessarlo, scolarlo. Porre la pancetta tagliata a cubetti piccoli in una
padella a temperatura ambiente, porre sul fuoco molto basso, girando di quando
in quando, fino a che diventerà croccante, ripassare nella padella il farro, le
castagne parzialmente sbriciolate e fatte a pezzetti, i fagioli, se necessario
aggiungere un po’ di acqua di cottura degli stessi, salare, togliere dal fuoco e
far intiepidire. Tagliare a dadini il pecorino, mettere nell’insalatiera,
aggiungere la spadellata, la melissa e il timo, un filo d’olio e le fette
biscottate spezzate a crostini.
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